TRAMA
Regine Lambert, improvvisamente vedova a Parigi, scopre che il marito assassinato aveva un bel po’ di identità e un furto di diamanti sulla coscienza. Un pugno di loschi figuri cerca di recuperare la refurtiva: la donna è in pericolo e non sa neanche se fidarsi di Joshua Peters, un giovane fin troppo sollecito nel prestarle aiuto e conforto.
RECENSIONI
Demme azzarda: omaggia la nouvelle vague e lo fa attraverso il remake di un film di Donen, Sciarada - un misto di generi che non poteva non attrarre il regista - il cui plot è tavolo su cui giocarsi la posta della cinefilia. Fatte le debite modifiche e sfruttata, strategicamente, l'originale ambientazione (Parigi, rappresentata con montaggi frenetici e suggestive accelerazioni che tengono lontano il cliché "cartolinesco") il regista si muove, come gli è consueto, trasversalmente: il tono è quello di un'opera brillante, che a tratti si fa pura pochade, ma sotto questa superficie l'autore punta verso altre direzioni, come era accaduto con la deviazione brusca dalla commedia al dramma di Qualcosa di travolgente o in quel cocktail di stili che era Married To The Mob . Eclettici, i lavori di Demme si caratterizzano per una discreta varietà: da Stop Making Sense (il suo capolavoro, il più bel film rock mai realizzato), all'exploit Il silenzio degli innocenti, da Philadelphia (quei magnifici titoli di testa sono un'attestazione di poetica: la città, come il suo cinema, è un insieme multiculturale), fino al misconosciuti gioiello Beloved. In The Truth About Charlie il regista, in preda a incontrollabili deliri omaggistici, imbottisce la struttura di rimandi e allusioni: l'apparizione della godardiana Anna Karina (dalla cui voce si ascolta poco prima Sous le soleil exactement di SSerge Gainsbourg), il cameo di Charles Aznavour - colonna sonora vivente all'idillio centrale del film -, le presenze di Agnès Varda a o di una fantasmatica Magali Noel, fino all'ulteriore rinvio a Sparate sul pianista di Truffaut (di cui si vede la tomba) sono strizzatine d'occhio affettuose, a tratti leziose; se lo stesso montaggio, la scelta delle ardite inquadrature e dei vorticosi movimenti di macchina (la fotografia è del fido Fujimoto) o certe soluzioni stravaganti (la lettura dell'epistola da parte dello scomparso Charlie) odorano di libero stile godardiano, il risultato, per quanto niente affatto molesto, ci pare non andare oltre il frivolo capriccio. Demme scherza con la didascalia (l'intera sequenza del changez la femme al Tango Palace che ha anche un rimando bertolucciano), muove le sue pedine (Newton e Whalberg bamboleggiano da par loro) in perenne bilico tra verità e bugia (mentira la mentira mentira la verdad...), sbaglia totalmente un carattere (la comandante di polizia non si solleva dalla macchietta), elimina chirurgicamente la tensione e fa della soluzione del mistero, con tanto di flashback di cosciente chiassosità, poco più di una formalità, già pensando ai solitamente insoliti titoli di coda (con Robbins - Hannibal...) e condendo il tutto con la consueta, variopinta colonna sonora à la page (Malcom Mac Laren, Négresse Verte, Gotan Project, Khaled, Manu Chao, Conershop, Snooze, Natacha Atlas, Sayan Supa Krew, Sparklehorse tra gli altri).
Il film è dedicato allo scomparso Ted Demme.
Si resta basiti: dopo il capolavoro maledetto Beloved, Jonathan Demme gira quello che è senz’altro il suo film peggiore (ma ha lamentato le troppe interferenze della casa di produzione), un inutile e velleitario rifacimento di Sciarada dove non resta che rimpiangere i tempi in cui il regista girava cose come Qualcosa di Travolgente (c’è un simile soundtrack eccentrico-multietnico) e Una Vedova Allegra...Ma non Troppo (dove parimenti passava dal brillante al thriller). Tempi in cui il suo senso del ritmo (qui insostenibile) e dello humour era invidiabile: quest’opera pare girata da un trendy-radical chic che vuole sembrare dilettante, è scritta male (sempre da Demme), con casting sbagliato (non ci voleva molto a capire che la coppia Wahlberg-Newton non c’entra niente con l’originale Grant-Hepburn) e terribile direzione (straniata apposta?) delle recitazioni. Il fatto che abbia voluto scritturare anche la regista francese Agnès Varda è una dichiarazione colta d’intenti, per un remake free-style con schegge impazzite di nouvelle vague e musical. Infatti, non si contano le citazioni del cinema europeo degli anni sessanta: il nome di Resnais in agenda, l’hotel Langlois, l’Aznavour di Tirate sul Pianista (che ignoranti doppiatori italiani citano con il nome inglese ‘Shoot the piano player’), Anna Karina, una visita alla tomba di Truffaut. Re del cinema di genere, si dà a un cinema che non sa fare.