Fantascienza, Recensione

MARS ATTACKS!

TRAMA

Gli alieni invadono la Terra e polverizzano gli esseri umani. Non c’è che un’arma in grado di rimettere a posto le cose…

RECENSIONI

Forse il miglior Burton di sempre: un affresco di edificante cinismo e impressionante forza visiva che è al tempo stesso divertito omaggio, spietata parodia e sontuoso rito funebre di un (sotto)genere (la fantascienza d’invasione) e mostruosa apoteosi di uno sfrontato genio registico. A bordo di astronavi che sembrano piatti di carta e forse lo sono (Ed Wood docet), alieni orrendi e intelligentissimi (soprattutto se paragonati ai non alieni…) sbarcano su un pianeta popolato da (im)perfetti imbecilli, ignari di vie di mezzo fra l’abbraccio fiducioso e lo sterminio immediato. L’idiozia dei terrestri è l’arma più efficace a disposizione dei marziani, ma sarà anche la causa (irresistibile) della loro sconfitta. Kolossal impreziosito da un cast all star impegnato in una galleria di rara perfidia (auto)punitiva (va ricordata almeno Glenn Close, pessima arredatrice d’interni giustamente impalata), Mars Attacks! unisce l’insaziabile visionarietà dei grandi cartoni animati all’ironia devastante della migliore commedia sofisticata, senza perdere di vista la millimetrica costruzione di un’agghiacciante fine del(/di un) mondo, (s)perduto nell’incubo (de)generato dai propri sogni di gloriosa conoscenza, condannato a non affrancarsi mai da una clownesca vacuità, capace unicamente di un riscatto ridicolo quanto involontario: una visione compiutamente tragica, a suo modo (quasi) eroica.

Beffarda operazione nostalgica di Tim Burton, che omaggia i fantahorror anni cinquanta stile La Terra contro i Dischi Volanti e parodia, affettuosamente, fobia nucleare e Guerra Fredda di trent’anni prima. Ambientata nella contemporaneità, frulla in modo postmoderno i richiami culturali (gli hippy da Woodstock all’incontro con i marziani), è volutamente kitsch, debordante, pennellata con colori pop e affidata ad affascinanti effetti digitali della ILM (splendido il branco di mucche che va a fuoco in apertura) che simulano l’artigianalità e la stop-motion di allora, replicando la naiveté di dischi volanti e raggi laser, mentre i marziani (corpo scheletrico e cervello abnorme) hanno le sembianze delle creature inventate per le figurine vintage delle gomme da masticare Topps (l’aliena con sembianze umane, invece, è modellata sui corpi del paginone di Playboy). Cast all-stars sulla scia dei film catastrofici (due ruoli per Jack Nicholson), citazioni infinite (Il Dottor Stranamore, Godzilla, "Hazzard"…) e grande commento sonoro del solito Danny Elfman. Ma a farne un oggetto di culto è l’irriverente ironia con cui si sfumano i ruoli di buoni e cattivi: l’atteggiamento diplomatico e pacifista, zelante e politicamente corretto degli umani è preso di mira nel momento in cui maschera meschinità e opportunismo; dal canto loro, i marziani sono perfidi assassini ma anche simpatici burloni alla Gremlins. Verso il finale, forse, le note demenziali si fanno invadenti (le canzonette della nonna come arma finale; i maghi del videogioco come ultimo avamposto della Terra; la trombetta spaziale succhia-nucleare) ma tutto è in linea con il felice spirito dissacratorio, inventivo, trash-sublime dell’operazione. Il coevo e simile Independence Day battuto dal ridicolo volontario.