Recensione, Thriller

MANHUNTER

Titolo OriginaleManhunter
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1986
Genere
Durata117'

TRAMA

L’agente FBI a riposo Will Graham viene contattato dal collega Jack Crawford per dare la caccia ad un maniaco – Dente di Fata (in originale Tooth Fairy = La fatina del dente) – che uccide famigliole su schemi lunari. Francis Dollaryde è un tecnico fotografico con problemi di dizione, inizia una relazione con Reba, cieca, e nel frattempo prepara la seguente Trasformazione.

RECENSIONI

Manhunter - Frammenti di un omicidio è il quarto film per il grande schermo di Michael Mann, non ancora quasi-onnipotente gestore di sé stesso, nel 1986 è grazie ad una produzione DEG (Dino de Laurentiis) che giunge a maturazione: non solo sul versante stilistico, da subito chiaramente personale, ma pure tecnicamente e produttivamente. Sul set incontra quelli che a lungo saranno i suoi collaboratori, Dante Spinotti alla fotografia, Gusmano Cesaretti visual consultant e location-hunter, Dov Hoenig già tra i montatori di Miami Vice. Il successo non arride al prodotto finale, i motivi sono tanti o forse solo misteriosi: uno dei cardini del cinema americano, di capitale importanza per comprendere non solo un autore complesso e stratificato come Mann ma, soprattutto le derive che il cinema hollywoodiano ha subito dopo e con gli anni '80, sparisce ma sopravvive alla centrifuga che subiscono i Lecter-movies. Will Graham, dopo il trauma conseguente alla cattura ed allo scontro con il dottor Lektor, si è ritirato in Florida con la moglie ed il figlioletto (la casa sulla spiaggia è del pittore Rauschenberg, colpita dai colori e dai riflessi che immalinconiscono la simile casa di Neil McCauley in Heat) in cerca di normalità e di ricostruzione. L'offerta di Crawford (il bellissimo incontro d'apertura sul tronco orizzontale, a far attenzione ci sono alcune battute a vuoto, difetto eliminato nella versione DVD) risveglia in lui il senso del dovere. Will pensa alle famiglie massacrate, così simili alla sua, per immedesimarsi (si è parlato di detective alla actor's studio) non può evitare di compromettere i già fragili equilibri degli affetti, guarda, ascolta, raccoglie pezzi di mistero. Un ideogramma, un movimento, illuminazioni improvvise davanti al videoregistratore. Le semisoggettive che lo pedinano all'interno del delirio lo inquadrano in superfici riflettenti, in geometrie in cui i percorsi estetico-achitettonici sembrano risuonare della difficoltà di muoversi ed agire. Il dottor Lektor (Brian Cox) (gli dira' "Tu sei come me, Will") che nel frattempo ha intrecciato un legame con Dente di Fata lo svia quanto lo aiuta…"se incominci ad agire come Dio alla fine…": imprigionato in una cella bianco tecnologica è il passato non ancora rimosso, colui che ancora sa leggere nel tormento del suo cacciatore. Nel frattempo Francis Dollarhyde (Tom Noonan) incontra un'assistente di studio fotografico cieca, Reba, inizia una relazione che sembra farlo uscire dalla solitudine, la conduce in uno studio veterinario (una delle sequenza più potenti del film), poi a casa sua, "è la scena d'amore più interessante che abbia girato. Lui pensa di avere accanto un donna cieca e guardando un film ha fantasie con la donna del film e quella reale. […] Per la piccola isola del film lui è quello che avrebbe potuto essere se non avesse subito certi traumi: è la conversione di una bestia trasformata" (M. Mann). L'intrico non si sfittisce, si risolve, è vero, ma il caso, l'istante, ancora una volta per Mann, hanno un ruolo determinante, l'ultima articolatissima sequenza ritmata su In a gadda da Vida degli Iron Butterfly sbocca nelle fiamme dell'alba, Will ferito, sfigurato, forse ha esorcizzato il delirio che temeva, Francis/Dente di Fata è divenuto il Dragone Rampante, sul pavimento della sua cucina, (deglutisce morto al pari del Buffalo Bill di Demme). Si profondono dettagli, conoscenze tecniche di caccia all'uomo (le sequenze all'FBI) e squarci di lirica barocca raffinatissimi. La sequenza d'amore nella casa sul mare, quella parallela di Francis e Reba, la visita alla tigre, il sogno in aereo, lo squarcio di una parete/fotografia lunare (tappezzano la casa di Dollarhyde), la trasfigurazione di fronte a casa di Reba, il dettaglio della tela del cruscotto strappata.
Cinema di spazi e uomini, di spinte ad agire innominate ma dalla presenza costante che Mann domina ed incastra in un'opera coesa e densa, calibrata sui temi sotterranei del vedere (Will nel bar che minaccia il suo riflesso) e delle sue perversioni immerse in una realtà che visivamente prorompe e che per questo risulta sempre (più) di difficile decifrazione. Strepitosa prova di  William Petersen già in una piccolissima parte in Strade violente e poi nell'altro caposaldo del cinema anni ottanta, Vivere e Morire a Los Angeles di W. Friedkin, costretto a innumerevoli ciak e ad un training forzato con agenti FBI. E' curioso il suo ritorno dopo anni di semi oblio con CSI - Crime Scene Investigations dove ricopre una parte con interessanti somiglianze con quella di Graham, oltre ad essere executive producer della serie. Esistono varie versioni, quelle DVD sono di varia qualità, quella televisiva mostra ancora i piccoli errori e le sbavature del 1986. I percorsi da intraprendere sono molti di più, portano all'opera di Mann, alla fine in apoteosi della postmodernità, all'umanesimo nella produzione d'autore, conferme di vitalità.