Fantascienza, Recensione

LOST IN SPACE

Titolo OriginaleLost in Space
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1998
Durata105'

TRAMA

2058: la famiglia Robinson parte per una missione su Giove. Ma qualcuno progetta di sabotare la spedizione…

RECENSIONI

La minaccia dal (tra)passato: dall’omonimo telefilm anni Cinquanta (inedito in Italia, con nostra oscura gioia) Stephen Hopkins spreme uno degli orrori più insoffribili mai partoriti dal cinema (di fantascienza o d’altro). Anche nell’opera meno riuscita si può, seppur a fatica, rintracciare qualche aspetto minimamente positivo: qui, no. Non pago di un copione (di Akiva Goldsman) di caramelloso squallore, il regista fa di tutto per non infondere neppure un soffio di vita allo scialbo materiale narrativo (e ci riesce, va riconosciuto). Confezione lussuosa (?) e scrupolosamente sterilizzata, attori surgelati (non solo letteralmente) nelle rispettive smorfie, sbalzi lisergico/edipici propinati con letargica prevedibilità. Assolutamente miscast LeBlanc (magnifico svitato in Friends, improbabile eroe in questa pustola di film).

La computer-grafica abbatte i costi: anche una pellicola come questa, con l’impostazione da b-movie disimpegnato e poco curato nella sceneggiatura, alla Roger Corman o alla Irwin Allen per intenderci (guarda caso, dietro l’operazione ci sono proprio le loro case di produzione), può essere colma d’effetti speciali ed avere l’iconografia spettacolare della fantascienza di serie “A”. Ispirarsi ad una serie televisiva di decenni addietro è ormai solo una scusa per attirare i vecchi fans e fare a meno d’inventare dei nuovi personaggi. Dai telefilm omonimi, prodotti sempre da Irwin Allen, il film recupera anche dei camei degli interpreti originali ed una serie di stucchevoli (perché poco spontanei) valori della famiglia, crollando sotto il peso di dialoghi risibili, situazioni banali ed uno sviluppo scontato (tutti partoriti dalla penna del recidivo sceneggiatore Akiva Goldsman). I caratteri sono macchiette fumettistiche, gli intermezzi sentimentali vengono spinti a forza: è scritto al computer, senz’anima. Si raddrizza nell'azione e grazie ai trucchi: presi singolarmente, gli elementi dell’immaginario fantascientifico sono scopiazzati a destra e a manca ma, posti in un calderone ad alta velocità dove i pericoli cambiano di frequente, si fanno apprezzare “meccanicamente”, ben rispecchiando l’estetica moderna del “multistimolo” da videogioco. Inizio alla Guerre Stellari, tensione in un interno alla Alien o 2001: Odissea nello Spazio, viaggi d’esplorazione (la famiglia Robinson è il simbolo dei pionieri d’America) alla Star Trek, più una gratuita intrusione di carineria (E.T.) con le scimmie da “Muppet Show” (la Jim Henson productions collabora), un pizzico di Ghostbusters (la spalla “fantasma”), Roger Rabbit e Gremlins. Ci sono i terroristi “orientali” (fascismo americano), il dramma di un’infanzia incompresa, le solite schermaglie amorose, un’ironia di bassa lega (la “seduzione” con Porky e Bugs Bunny è davvero trash, la scena del robot con il cuore è penosa) cui va aggiunto un doppiaggio nostrano orrendo. Una piccola onta nel curriculum di due mostri sacri come Hurt e Oldman. Da segnalare l’idea della “stasi” durante il salto spaziale, quella del robot interfacciato con il bimbo, la mutazione mostruosa di Oldman ed una parte finale con più inventiva.