Drammatico, Recensione

LA BELLE PERSONNE

Titolo OriginaleLa belle personne
NazioneFrancia
Anno Produzione2008
Durata97'
Sceneggiatura
Tratto daLa principessa di Clèves di Madame de La Fayette
Fotografia

TRAMA

Morta sua madre, la sedicenne Junie cambia liceo e si iscrive nella stessa classe del cugino Matthias, che le presenta il suo gruppo di amici.  Junie viene presto corteggiata dai ragazzi del gruppo…

RECENSIONI

Morta sua madre, la liceale Junie (Léa Seydoux) cambia scuola e entra nel giro di amicizie di suo cugino Matthias. Al centro dell’attenzione maschile del gruppo, la ragazza, altera e distaccata, si avvicina e affeziona al mite Otto (Grégoire Leprince-Ringuet). La successiva, passione travolgente per il suo professore di italiano (Louis Garrel)  condurrà Junie a un bruciante conflitto interiore che la spingerà a mentire su se stessa. A farne le spese, vittima quasi designata, Otto, l’anello più debole della catena.
Girato per la televisione - una produzione leggera e velocissima -, ispirato al romanzo di M.me de La Fayette
La principessa di Cléves, La belle personne è un adattamento che Honoré sente urgente dopo le dichiarazioni pubbliche di Nicolas Sarkozy che aveva contestato il fatto che questo romanzo - scritto nel Seicento e dunque a suo avviso lontano dall’attualità - fosse nel programma dei concorsi per i dipendenti pubblici (il regista: «Non posso fare a meno di essere ferito e sopraffatto da questo tipo di ignoranza. Che alcuni possano difendere l'idea che oggi non abbiamo nulla da imparare da un romanzo scritto tre secoli fa è il segno di un fraintendimento di ciò che fa dell'esistenza ciò che è e della necessità dell'arte per l'esperienza umana. Ho intrapreso l'avventura con l'aggressività di chi vuole smentire»).
La belle personne è un apologo sottile sull’illusorietà della felicità amorosa e sul senso di colpa che Honoré risolve con un affresco generazionale di sapore quasi mitologico, in cui la rappresentazione di un’attualità reinventata (si usano i cellulari e la messaggistica, ma il fulcro narrativo è affidato, come nel romanzo, a una lettera), si incrocia con un senso della fatalità che ha il sapore della tragedia. Modernità e classicità, realtà ed epica,  romanticismo e decadentismo, romanzo e altre forme creative (teatro, poesia, opera, cinema): come di consueto il regista non ha remore nel mescolare i registri, nel trarre il simbolico dal quotidiano e nel trovare, fra le miriadi di riferimenti, il modo di intonare, con la sua personale e oramai inconfondibile voce, un poema di intimismo struggente.