Storico

LA BATTAGLIA DEI TRE REGNI

Titolo OriginaleChi Bi - The Battle of Red Cliff
NazioneCina
Anno Produzione2008
Genere
Durata146' (288)
Fotografia
Scenografia
Costumi

TRAMA

208 d.C.: Cao Cao, primo ministro di Shu Han, muove guerra contro i sovrani delle terre del sud, per prevenirne la ribellione. In realtà, mira ad assoggettarli e a conquistare l’amata moglie del viceré Zhou Yu. Lo scontro avviene sulla “Scogliera Rossa”.

RECENSIONI

Ormai manierato nelle produzioni hollywoodiane, Woo risorge lavorando per il China Film Group, dedito a opere da esportazione spettacolari, costose e con maestranze internazionali: questo kolossal wuxia traspone (per l’ennesima volta) il romanzo storico “San-kuo chih yen-i” (Senso esteso della storia dei Tre Regni) di Guanzhong Luo, risalente al XIV secolo. In Cina è uscito in due parti, con una lunghezza raddoppiata: in entrambe le versioni sono centrali (e lasciate intatte) le due lunghe battaglie (per terra e per mare) alla Scogliera Rossa, appassionanti e sorprendenti nelle loro scaltre strategie (gli scudi accecanti; l’imboscata con labirinto umano ai danni della cavalleria di Cao Cao; l’espediente per procurarsi le frecce), rese monumentali con l’ausilio degli effetti digitali, per quanto il software non sia ottimale nella moltiplicazione dei figuranti e nel disegno delle imbarcazioni. Woo (che iniziò come assistente di Chang Che e regista di film di arti marziali) replica gli stilemi (colombe bianche comprese) del suo cinema “criminale”, non cerca la pittoricità di Yimou Zhang o l’autorale/surreale trasfigurazione di Kurosawa, ma la coreografia in ralenti e sangue, la statura morale dell’eroe (che vince anche in virtù della sinergia con gli elementi), il lirismo (memorabile la sequenza degna dei “duelling banjos” in Un Tranquillo Weekend di Paura), il romanticismo (fra Zhou Yu e la moglie che avrà un ruolo fondamentale, vincendo la guerra con l’arte del tè!) e, unica nota stonata, i duelli inverosimili, sopra le righe: il superomismo simbolico (un grande condottiero sbaraglia da solo cento nemici), in particolare quello dei generali di Liu Bei, più che mito (come nel testo di base) è esagerazione ridicola in un contesto sorretto da suadenti toni epici e melodrammatici (fondamentali le musiche di Taro Iwashiro), dove è comunque l’ingegno, non i super-poteri, a vincere la guerra; funziona meglio in veste poetica, vedi lo stand-off finale tipico di Woo. La sceneggiatura è manichea fino ad un certo punto: per quanto ambizioso e spietato (e senza amici), la figura di Cao Cao (un ottimo Fengyi Zhang) viene ridimensionata nella debolezza d’amore.


La versione cinese non ha il cappello introduttivo con contestualizzazione storica, ma contiene diverse scene/tracce omesse: le sequenze del montone rubato, della nascita del puledro e della festa del solstizio (non fondamentali); la traccia con il rapporto conflittuale fra Sun Quan e la sorella (fondamentale per capire la ritrosia/insicurezza del sovrano e definire meglio la figura della principessa, moderna rappresentante dell’emancipazione femminile); la sequenza della caccia alla tigre (fondamentale, si riallaccia allo stand-off finale in cui Sun Quan punta una freccia contro Cao Cao); la lunga traccia del rapporto fra la principessa e il campione del gioco a palla (necessaria per dare un volto non terribile anche al nemico, ma sempliciotta e incredibile: con un travestimento poco convincente, la spia in panni maschili interagisce continuamente con gli avversari); la scommessa mortale fra gli strateghi Zhuge Liang e Zhou Yu, dove il primo deve procurarsi un certo numero di frecce e il secondo eliminare gli ammiragli nemici, pena: la morte (forse omessa in quanto va oltre la sensibilità occidentale sul concetto d’onore fra amici). A essere parecchio rimaneggiata e riscritta è tutta la parte finale, per garantire la plausibilità del racconto senza la scena del traditore (l’amico d’infanzia di Zhou Yu, mandato come spia da Cao Cao ma strumentalizzato per ingannare quest’ultimo) e della decapitazione dei due ammiragli. Tutto sommato, il montaggio approntato per l’Occidente è davvero valido e non perde approfondimenti sostanziali, solo sequenze che arricchiscono la portata (e altre imbarazzanti).