Commedia, Sala

CRAZY & RICH

Titolo OriginaleCrazy Rich Asians
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2018
Genere
Durata120'
Trattodal romanzo Crazy Rich Asians di Kevin Kwan
Fotografia
Scenografia

TRAMA

La newyorkese Rachel Chu accompagna il fidanzato di lunga data Nick Young al matrimonio del suo migliore amico a Singapore. Rachel è emozionata perché visiterà l’Asia per la prima volta ma è anche molto nervosa perché incontrerà la famiglia di Nick. Diventa subito chiaro, però, che Nick le ha omesso qualche piccolo dettaglio sulla sua vita…

RECENSIONI

Crazy & Rich è, dopo 25 anni, il primo film prodotto in Occidente interpretato solo da asiatici. Tratto dal best seller di Kevin Kwan, è costruito ad arte per conquistare nuovi mercati e fasce di pubblico (anch’io, nel mio piccolo, l’ho visto in una sala la cui platea era in prevalenza asiatica) il che ne spiega, ad esempio,  la sua indulgenza illustrativa (i luoghi che vengono filmati come in un commercial turistico, la menzione di mete da non perdere, la presentazione di piatti tipici).
Nell’operazione di accorto marketing c’è un aspetto inquietante: gli attori e le attrici protagonisti sono bellissimi, ma quasi nessuno di loro è cinese (la maggioranza è di origini malesiane). Il che sottintende che si vuole far passare un’immagine dell’Oriente che risponda a canoni estetici che, evidentemente, la Cina e i cinesi non soddisfano. Ma che ci si trovi di fronte a un cosciente snaturare la realtà per crearne una inautentica e vendibile (come da premesse), lo dice anche il parlato: nessuna traccia di singlish, solo accenti americani.
La frase di Napoleone che apre il film («Quando la Cina si sveglierà farà tremare il mondo») espone la prospettiva dalla quale la questione viene guardata, confermata dal preambolo ambientato a Londra nel 1995: in esso la famiglia Young viene trattata con pregiudizio dal concierge di un albergo, fino a quando questi non comprende che di quell’albergo i Young sono i nuovi proprietari. Il film esplorerà, in effetti, i diversi strati della nuova e vecchia ricchezza cinese (da quella dei parvenu, con le loro derive kitsch, a quella delle famiglie di più nobile lignaggio, con il loro codice rigoroso, il loro gusto e la loro etichetta), senza dimenticare di fare mostra di un’ultima generazione, dipinta come semidecerebrata, posseduta da un consumismo fine a se stesso (aspetto sottolineato da una straniante versione cinese di Material Girl di Madonna).
Il conflitto che si descrive è comunque doppio: la love story non è condita solo dalla questione di classe (lui ricco, lei povera), ma mette in luce anche il gap culturale di una fetta di cinesi nati all’estero che guarda con distanza, e a volte con disorientamento, a un complesso di tradizioni millenarie di cui sa poco o nulla, anche se è con esso che viene identificata.

In soldoni Rachel, di origini umili e capacissima insegnante alla NYU, scopre che il suo ragazzo è in realtà il rampollo di una famiglia ricchissima solo quando lo accompagna a Singapore per presenziare al matrimonio di un amico. Deve quindi fronteggiare l’ostilità della famiglia di lui e l’invidia delle altre pretendenti. Il rapporto inciamperà per questo in una crisi, ma solo per ricomporsi trionfalmente con tanto di benedizione da parte della riottosa suocera. In filigrana (si fa per dire) si comprende che l’incipit in cui la protagonista spiega al suo studente perché non ha vinto la mano di poker («Non hai giocato per vincere, ma per non perdere») espone la stessa logica che le consentirà di prevalere nell’affare di cuore: quando la ragazza  deciderà di farsi forte delle sue capacità e di affermarle, anziché giocare di rimessa, vincerà la posta e porterà a casa l’anello.
Il tutto è consegnato nelle sapienti mani di Jon M. Chu, regista e coreografo cino-americano (anzi ABC: American Born Chinese), abile costruttore di meccanismi spettacolari che ha venduto i suoi talenti a film musicali e action, ma che, soprattutto, è l’eminenza grigia degli show di Justin Bieber per il quale ha anche diretto due documentari (Never Say Never e Believe - che continuo a consigliare da un pezzo perché aprono gli occhi sulle straordinarie doti dell’artista canadese -), oltre al videoclip mainstream concettualmente più dentro all’ultimo decennio (Beauty and a Beat).
Crazy & Rich, al di là dei controversi aspetti sottolineati, sbanca il botteghino perché Chu usa con intelligenza un format consolidato (quello della commedia romantica) senza stravolgerlo, ma adeguandolo all’epoca e alle specificità del milieu descritto e quasi asservendolo a un’elementare logica musical (canzoni, contesti, scenografie e costumi da favola), rendendo il lavoro, impeccabilmente, moderno e classico a un tempo.