Animazione, Avventura, Commedia, Recensione, Sala, Videogame

SUPER MARIO BROS. – IL FILM

Titolo OriginaleThe Super Mario Bros. Movie
NazioneU.S.A., Giappone
Anno Produzione2023
Durata92'
Sceneggiatura
Scenografia

TRAMA

Il re dei Koopa, Bowser, riesce a impadronirsi della Super Stella che conferisce l’invincibilità. Intanto Mario e Luigi, due fratelli idraulici che vivono a Brooklyn, vengono risucchiati da un tubo verde che li separa e li porta in un universo parallelo, nel quale aiuteranno la principessa Peach ad arrestare l’avanzata di Bowser.

RECENSIONI

Premessa doverosa: chi scrive è un nintendiano. L’affetto, chiamiamolo pure amore, che orbita intorno a Nintendo – e al personaggio/simbolo Mario in particolare - ha qualcosa di peculiare fino all’unico. Ci sono, cioè, i generici appassionati di videogiochi e ci sono i nintendiani, quelli che riconoscono alla casa di Kyoto una sorta di aprioristica superiorità (ma forse sarebbe meglio chiamarla alterità) rispetto a tutto il resto. I motivi sono molteplici e complessi, mi limito in questa sede a enucleare quelli che a me sembrano i più importanti/plausibili:
1) Nintendo è un’azienda che fa giochi (carte da gioco, nello specifico) dal 1889, ha quindi una Storia alle spalle che non ha eguali nell’ambiente e che agli occhi degli appassionati le colora il sangue di blu.
2) Nintendo ha letteralmente inventato (o se non proprio inventato, cristallizzato in modo strutturato e definitivo) i videogiochi come li intendiamo oggi: il primo gioco con una sorta di rudimentale sceneggiatura è suo (Donkey Kong); dopo l’esperimento quasi coevo di Pac Land (1984), il primo platform a scorrimento laterale veramente vario, moderno, curato anche dal punto di vista di level design e calibrazione della difficoltà, è Super Mario Bros. (1985), copiato/clonato all’infinito e diventato quasi Il videogioco per antonomasia; il primo gioco a sviluppare un mondo tridimensionale esplorabile, con un personaggio veramente libero di muoversi nello spazio grazie a una levetta analogica, è Super Mario 64 (1996); la proto/prima avventura moderna Open World è The Legend Of Zelda – Ocarina Of Time (1998) ma già il primo The Legend Of Zelda (1986), a ben vedere, era qualcosa di molto simile; il primo controller con feedback vibrante è quello del Nintendo 64, grazie al Rumble Pack (1997). Si potrebbe andare avanti, citando anche esperimenti sostanzialmente falliti ma coraggiosi e innovativi come il Virtual Boy (1995), prima console che azzardava l’ipotesi di realtà virtuale casalinga (con tanto di visore) ma insomma, ci siamo capiti. E qui stiamo parlando di dati più o meno tecn(olog)ici, storicamente verificabili (e anche contestabili, dato che viviamo in un mondo nerd molto attento e competitivo). Perché in realtà, la scintilla della passione, nei faNboy, la fanno scattare i giochi – o meglio – quel qualcosa di onnipresente ma illocalizzabile che permea tutte le produzioni maggiori targate Nintendo. Nell’ambiente, si parla propriamente di Nintendo Touch, quel quid di fantasia, inventiva, cura, passione che Miyamoto e i suoi successori hanno sempre messo nei loro giochi, rendendoli paralleli, diversi, altri e, diciamolo, migliori rispetto a tutto il resto. E qui si aprirebbe tutto un altro capitolo, che forse ha più a che fare con la metafisica e con logiche potenti quanto misteriose, come le regole che governano l’attrazione e l’Amore con la A maiuscola. Ma sono certo che i nintendiani mi hanno capito al volo.

Perché tutto questo preambolo? Un po’ perché per un nintendiano è sempre un piacere parlare bene di Nintendo, un po’ per chiarire che fare un film con protagonista il simbolo incontrastato di Nintendo non era un’operazione banale. C’erano dei precedenti audiovisivi, che in pochi vogliono ricordare, ossia il film del 1992 di Rocky Morton e Annabel Janckel con Bob Hoskins e John Leguizamo che virava al distopico simil-cyber-punk l’universo di Mario, tradendolo in modo così smaccato da risultare quasi simpatico (quasi, l’ho rivisto recentemente e rimane un deciso No) e una serie animata povera e  approssimativa con derive inquietanti (a un certo punto un Toad si scoperchia la testa e rimane pelato: dunque non è un vero fungo? Da perderci il sonno). Ma nel frattempo Mario ha consolidato il suo status di Simbolo Trasversale, di “personaggio dei videogiochi per antonomasia” al quale sono affezionati – per motivi diversi – i bambini di oggi e i bambini di ieri, ossia i genitori – alcuni anche nonni – dei bambini di oggi. C’era insomma da accontentare più palati, da quello inconsapevole di chi ha conosciuto Mario (Odyssey e Kart) con la Nintendo Switch a quello più attento e filologico dell’anziano videogiocatore che conserva come una reliquia il NES con diversi cartuccioni e accessori, il tutto in imballo originale, condizioni pari al nuovo. Operazione non banale, si diceva, ma non una missione impossibile. Di fatto, la scelta di puntare su un prodotto sostanzialmente “per bambini” si è rivelata la più prudente ma forse anche la più logica. Quello di Mario è il non-luogo ludico dell’eterna fanciullezza, dove la semplicità, anche grafica, diventa Classicità e tutto è essenziale, nella sua eleganza solo apparentemente infantile. Quella che già in origine era una trama archetipica e autoreferenziale – l’eroe deve salvare la principessa, che si trova sistematicamente in another castle – è diventata sempre più meta-ludica e ironica, con anche una confusione di ruoli che contribuisce a far affiorare la componente – chiedo scusa – “ingenuamente postmoderna” di quell’immaginario: Bowser è IL cattivo ma non è cattivo, è il vecchio amico della ur-sceneggiatura di una storia che rappresenta tutte le storie. Super Mario – Il Film, quindi, ha una trama lineare che va da A a B, uno humour piuttosto basico che, salvo rarissime eccezioni, non ostenta intelligenza e/o stratificazione, è un oggetto evidentemente “per bambini” che, agli adulti, non strizza troppo l’occhio (né vi getta fumo) ma si limita a mostrarsi per quello che è: un film di Super Mario che è così perché così è giusto che sia e perché anche i giochi di Mario sono così, fruibili a più meta-livelli, anche prettamente ludici (un conto è completare Super Mario 64 con 70 stelle all’attivo, un altro con 120).

E si badi: il giochino potenzialmente funziona con più tipologie di spettatore, da quello più disinteressato che porta i figli/nipoti al cinema senza aspettarsi nessun piacere dalla fruizione estetica personale, al mediamente consapevole che comunque apprezzerà la fedeltà – anche cosmetica - alla fonte al superappassionato che capirà e accetterà le regole del gioco mariesco ma potrà godersi le comunque numerose strizzate d’occhio nerd in un certo senso doverose, delle quali mi limiterò a stilare un elenco sommario leggendo appunti frettolosi presi in sala: Mario che gioca a Kid Icarus, Luigi in versione Luigi’s Mansion, Toad in versione esploratore/Treasure Tracker, i tubi trasparenti di 3D World, i Bros. in versione Baby, gli Yoshi (con uovo post-credit, semicitazione del Godzilla di Emmerich), la Rainbow Road di Mario Kart (con inserti approrpriati come il guscio blu e la derapata/boost), il mondo di Donkey Kong Country con i Kong (col)laterali, e poi i fiori rossi “infuocati”, il cane di Duck Hunt, il cattivo di Wrecking Crew, Jumpman (il nome provvisorio di Mario prima che si chiamasse Mario), i poster nella cameretta dell’Idraulico e chissà quante altre chicche che mi sono sfuggite ma sulle quali “il web”, giustamente, si sbizzarrirà. Il film, il senso stesso del film, mi pare dunque questo: Super Mario Bros Il Film è veramente (finalmente?) Il Film di Super Mario Bros, con tutti i suoi limiti autoassolutori e il suo sfacciato ma competente faNservice. E con – forse – a livello cosmetico meno sezioni platform di quanto ci saremmo potuti aspettare, ma almeno una che rimane nella memoria: quella di Brooklyn, quando si guasta il furgone dei fratelli che devono raggiungere il luogo dell’intervento idraulico a piedi/salti.
Un solo particolare mi è parso curioso, ossia il fatto che il film si presenti come una origin story di Super Mario il quale, però, vive in un mondo alternativo in cui esiste Nintendo, esiste il Nintendo Enterteinment System, esistono i giochi Nintendo ma non esiste (ancora)… lui, ossia il suo gioco e il suo personaggio. E’ curioso perché, da questo punto di vista, il film va forse inserito nel filone del multiverso ma anche perché è un particolare macroscopico e potenzialmente straniante al quale, però, si fa paradossalmente poco caso, se non a mente (locale) fredda. Volendo chiudere con una sovrainterpretazione, si potrebbe azzardare che questa libertà narrativa si inserisce in modo organico in un contesto diegetico free perfettamente coerente con quello “giocoso” (da tutti i punti di vista) di riferimento, nel quale tutto è lecito quindi perfettamente accettabile.