
TRAMA
Nel 1974, il gangster Willie Parker denuncia i compagni in cambio della libertà. Dieci anni dopo, questi ultimi ingaggiano due killer per prelevarlo in Spagna.
RECENSIONI
“Secondo esordio” al cinema di Stephen Frears, dopo Sequestro Pericoloso (1971) e tante produzioni televisive. La sua messinscena spicca anche in presenza dell’ottima sceneggiatura di Peter Prince e del formidabile trio di protagonisti, con espedienti pre/proto–Pulp Fiction (i due killer e larga porzione del dramma girata all’interno di un veicolo): Frears li esalta senza soverchiarli, ed è il più grande merito e limite del suo stile, servito da e servitore di bravi scrittori e interpreti, per quanto portato (poetica personale?) per le relazioni inconsuete, la cinica crudezza che s’accompagna all’umorismo (nero) e, soprattutto, l’espressiva perizia tecnica che, con l’eleganza dei movimenti di camera, restituisce in modo potente una scena senza essere esibizionista. Da citare due magnifici plongées: quello “doppio” sulla strada di campagna dove s’alza la scia polverosa lasciata dall’auto e quello perpendicolare alla Mercedes, durante la prima colluttazione fra l’avvenente spagnola e John Hurt; magistrale anche la tensione orchestrata con l’inatteso inquilino in primo piano e John Hurt dietro, con rumore di ferraglia, ma è l’accendino, non una pistola. Sono coinvolgenti anche le vicissitudini in una commedia drammatica nera e criminale on-the-road che Frears trasforma in apologo sulla morte, dopo aver incrociato le psicologie di uno sbarbino irresponsabile, di un taciturno assassino, della vittima cui è riservato lo sguardo più sarcastico e feroce, del carattere più curioso (rilassato, sornione Terence Stamp) e della bella e indifesa sgualdrina. Niente è ciò che sembra (l’unica “trasformazione” che non convince, finale compreso, è quella di John Hurt: perché non uccide la ragazza? È in cerca della morte? Lei non era pronta ad accoglierla?) in un gioco al massacro stirato fra divertimento e tragicità. Umori omosessuali (quando Stamp apre le gambe durante la perquisizione e scambia uno sguardo languido con Hurt), invenzioni sagaci (“We’ll meet again” al processo, la battuta di Stamp che desidera essere ucciso da un professionista) e gusto dissacratorio verso la seduzione femminile (agli sguardi provocanti di lei, Hurt risponde “Hai una merda di uccello sui capelli”) e il genere criminale stesso, nel momento in cui l’intera opera si basa sulla paura della morte. Notevoli la fotografia di Mike Molloy (soprattutto nelle riprese alle cascate del “Monasteiro de Piedra”) e le musiche di Paco De Lucia (title track di Eric Clapton assistito da Roger Waters: pressappoco in quel periodo, hanno registrato insieme “The pros and cons of hitch-hiking”).
