Commedia, Recensione

UNA SETTIMANA DA DIO

TRAMA

L’ambizioso commentatore Bruce Nolan, contrariamente alle aspettative, vede non solo stagnare ma addirittura precipitare la sua vita, imputando i propri fallimenti esclusivamente a Dio, finché questo… lo “convoca” risentito, e lo mette alla prova affidandogli i suoi poteri per una settimana…

RECENSIONI

Bisogna necessariamente essere uno dei componenti dell’academy che assegna le nomination all’Oscar per non apprezzare lo straordinario talento di Jim Carrey. Sarà il suo essere costantemente sopra le righe a impedirgli di fornire una di quelle interpretazioni sofferte che permettono di portarsi a casa la preziosa statuetta (viene in mente una scena di The mask in cui abbraccia commosso quello che sarà probabilmente l’unico Oscar della sua vita). Il problema è che nella sua interpretazione non esistono sfumature, non affiorano stati d’animo o sentimenti. Il lavoro di Jim Carrey pensandoci bene ha forse poco a che vedere con il mestiere dell’attore (hollywoodiano). Ha qualcosa a che fare con l’illusionismo. Propone un’illusione puramente visiva, come un trucco di Meliès. Non cerca mai l’immagine del vero, ma l’immagine dell’incredibile, dell’irreale, del fantastico (qui troviamo il ripescaggio di una sua vecchia gag, in cui non cerca semplicemente di imitare Clint Eastwood ma si sforza di essere l’immagine di Clint Eastwood sullo schermo, riuscendoci magnificamente). Jim Carrey al lavoro fa quello che solitamente viene chiesto di fare a un effetto speciale, non a un attore. Nella sua interpretazione è già insito un sovvertimento della macchina cinema. Per questo è difficile non vederlo come co-autore dei suoi film. Per questo Jim Carrey non può funzionare ovunque come i suoi colleghi più illustri. Carrey sbalordisce al servizio di registi che ne sanno fare l’uso corretto, affidandogli personaggi folli, incomprensibili, malati, anormali, grotteschi e deformi (non a caso i suoi esiti migliori sono arrivati con “Io, me & Irene” e “Man on the moon”). Non è abbastanza folle un personaggio che ottiene l’onnipotenza per una settimana? Perché allora questo film è un fallimento completo (se si escludono alcune gag davvero molto divertenti, che però non fanno un film)? Molto semplicemente perché in questo film si è scelto di raccontare un evento fantastico e straordinario con strumenti inadeguati, banali, puerili e inoffensivi. “Una settimana da Dio” possiede incredibilmente gli stessi difetti del suo protagonista, che invece di pensare alle cose grandi e al destino del mondo spreca i suoi poteri in facezie inutili. Alla fine del film scopriamo con orrore che un tema come quello dell’onnipotenza (denso di infinite potenzialità cinematografiche) è stato usato per parlarci un’altra volta dell’egoismo di un uomo in carriera che trascura la moglie.
Solitamente non è indicato chiudere così una recensione cinematografica, ma a questo film si può muovere senza troppi rimorsi l’accusa di stupidità.