Drammatico, Recensione

STANNO TUTTI BENE (1990)

TRAMA

Anziano padre di famiglia decide di partire in treno dalla Sicilia, per andare a trovare i cinque figli sparsi per l’Italia.

RECENSIONI

Dopo il successo internazionale di Nuovo Cinema Paradiso, Giuseppe Tornatore sceglie ancora un protagonista e un passo sognanti, passando dal piccolo di Salvatore Cascio (qui interprete, nei flashback, del figlio scomparso) all’anziano di Marcello Mastroianni (con spesse lenti d’occhiale). Il “sogno”, stavolta, ha un’accezione negativa: l’anziano mente a se stesso ed è circondato dalle menzogne di chi non vuole tradire le sue speranze nel futuro professionale e sentimentale della prole. Anche l’Italia che il protagonista attraversa non è del tutto reale, il presente si confonde con la memoria, i figli sono fanciulli anche a quarant’anni, le diavolerie moderne (la segreteria telefonica) creano effetti caotici e stranianti. È un Tornatore che azzarda (decine di comparse che si bloccano di colpo al suono della voce “metallica” del messaggio registrato) e vorrebbe creare un universo surreale, grottesco e allegorico ma non è Federico Fellini (nonostante la collaborazione di Tonino Guerra, sceneggiatore “pericoloso”, per chi non sa gestirne le stramberie) e restituisce un apologo sulla solitudine, della vecchiaia e dell’incomunicabilità fra padri e figli, tedioso e insipido, ravvivato a tratti da sincera commozione e invenzioni gustose (la medusa gigante che porta via i bambini). Fatta la tara anche della ridondante colonna sonora di Ennio Morricone, sono pochi i passi sorprendenti, se non fini a se stessi (lo show “isterico” di Leo Gullotta), mentre i capitoli politico, universitario e del mondo della moda non lasciano solco alcuno (un sotto-testo, un pensiero critico, un fil rouge con l’insieme). Movimenti di macchina sontuosi (dolly) per una commedia drammatica che non trova mai l’accento giusto, per quanto coraggiosa, innervata sul filone sentimentale e su quello visionario: il primo è poco profondo ed evocativo, il secondo al confine fra intuizione lodevole e la pacchianeria.