Biografico, Documentario, Recensione, Sala

ENNIO

TRAMA

Giuseppe Tornatore rende omaggio a Ennio Morricone, ripercorrendo la vita e le opere del leggendario compositore: dall’esordio con Sergio Leone fino al Premio Oscar per The Hateful Eight. La vita del maestro viene analizzata attraverso interviste a registi e musicisti, registrazioni dei tour mondiali, video tratti da alcuni film e filmati esclusivi delle scene e dei luoghi che hanno definito la sua arte.

 

RECENSIONI

La prima immagine che Giuseppe Tornatore decide di consegnare al pubblico è quella di Ennio Morricone nella sua casa, mentre fa ginnastica al mattino. È una scena che, in fondo, riassume tutto il senso dell'opera: in essa sono racchiuse la fragilità e l'ostinazione, il rigore e l'orgoglio. Pare sia stato Morricone a chiedere esplicitamente di venire ripreso durante i suoi rituali esercizi, e per chi guarda è un primo improvviso e inaspettato ingresso nella quotidianità di un essere umano che per tutta la vita ha inteso la sua privacy come uno scudo infrangibile, come un rifugio inaccessibile. Si è soliti definire Morricone utilizzando l'aggettivo “enigmatico”, per aggirare quel misto effettivamente insondabile di timidezza, estro e diffidenza. E dopo oltre due ore e mezza di interviste, testimonianze, sequenze di film e riflessioni, una buona parte del mistero resta. Giustamente, verrebbe da aggiungere, e – da un punto di vista registico – in modo del tutto consapevole. La genialità deve essere sfuggente, altrimenti non è tale.

Le concessioni, però, sono preziosissime: scopriamo ad esempio che Morricone, da ragazzo, sognava per sé un futuro da medico, in aperto contrasto con le indicazioni paterne (suonatore di tromba); o che il rifiuto del suo maestro Goffredo Petrassi, che riteneva la composizione per il cinema una mortificazione della musica, è stato per lui eterno motivo di scoramento e infelicità. Su quest'ultimo aspetto Ennio si sofferma a più riprese: Morricone bramava l'approvazione del suo mentore, e continuava a farlo nonostante la sua carriera fosse ormai in pieno corso, nonostante la sua inventiva stesse di fatto cambiando in modo rivoluzionario sia il campo da lui scelto (la musica “assoluta”) che quello – il film scoring – in cui era entrato con riluttanza. Laddove i precedenti arrangiatori scrivevano semplicemente parti orchestrali per seguire gli accordi di una canzone, lui inventava qualcosa di diverso, aggiungendo elementi che nessun produttore pop degli anni '60 e '70 avrebbe immaginato di usare, dalle lattine alle macchine da scrivere, dai versi degli animali ai canti di protesta ascoltati per caso per strada.

Tornatore ci spiega che l'enormità del talento del suo protagonista derivava anche e forse soprattutto dal fatto che lui non credeva assolutamente di rappresentare un'unicità, anzi: spesso tendeva a sottostimare il suo lavoro, non riuscendo a ottenere la giusta considerazione da parte di quel mondo accademico al quale anelava. Per questo Ennio, film di regia – nominata in modo ineccepibile ai David di Donatello 2022 – agli antipodi dal didattico documentario biografico para e proto televisivo, assume i contorni della confessione accorata, della storia d'amore (e d'odio), della favola sulla normalità che diventa eccezione. Una lezione che lascia la voglia di rivedere decine di pellicole, di scoprirne altre per la prima volta, e di setacciare internet alla ricerca di colonne sonore che abbiamo dato per scontate. Se è vero che, come ricorda lo stesso Morricone in una delle sue luminose osservazioni, «Non si racconta la musica. La musica bisogna ascoltarla», Ennio riesce in un'impresa apparentemente impossibile: mostrarci con chiarezza l'esatto momento in cui la prosa si fa poesia, e quello in cui l'arte si fonde indissolubilmente con l'esistenza.