Drammatico, Recensione

SOTTO LA SABBIA

Titolo OriginaleSous le Sable
NazioneFrancia
Anno Produzione2000
Durata90'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Marie e Jean, sposati da quasi venticinque anni, sono in vacanza nella loro casa al mare. Un mattino, l’uomo svanisce nel nulla…

RECENSIONI

L'assenza del cadavere [...] restituisce alla morte quello che il cadavere, nella sua brutale evidenza, tende a sottrarle: il carattere enigmatico.

Marie, risvegliatasi da un sonnellino estivo in riva al mare, non trova più il marito. Si ritrova così imprigionata in una contraddizione: è sola, ma (forse) non è vedova, poiché il corpo del marito non è stato (ancora) ritrovato. Passano i mesi (siamo in inverno) e la prolungata irreperibilità di Jean persuade amici e conoscenti del fatto che un ritorno dell'uomo sia ormai impossibile: per loro, in una parola, è morto. La risoluzione proposta dagli "altri" non persuade la protagonista, che si appella alla mancanza di certezze per alimentare la propria persuasione. Persuasione, frutto dell'amore e dell'abitudine, che è appena incrinata, ma non posta seriamente in discussione, dalle prime contraddizioni che arrivano dalla "realtà" (la più pesante, il rinvenimento di un cadavere misterioso). La forza plastica dell'illusione porta Marie a respingere in blocco gli assalti "nemici", per comportarsi come se Jean fosse ancora con lei, in casa, a letto: arriva a vederlo, a parlargli, senza mai uscire dagli schemi della conversazione quotidiana, come se nulla fosse stato, e potesse mai essere, diversamente. Oppressa da troppi indizi contraddittori, Marie arriva a tentare di "replicare" il passato, mettendo un nuovo corteggiatore al posto del marito, inducendolo a ripeterne i gesti, ma lo psicodramma non funziona. Alla fine, la donna reagirà con enorme, "folle" audacia, portando alle estreme conseguenze la propria recita, negando l'evidenza fornita dagli occhi per obbedire al proprio sogno, alla propria realtà.

Il quarto lungometraggio di Ozon è un enigma su pellicola, nitido e sfuggente al pari del soggetto che affronta: l'elaborazione del lutto, ovvero l'impossibilità di definire il reale. La vita non è adesione alla realtà fisica (e pur sempre apparente) delle cose, dei "fatti", e neppure delirio solipsistico, ma una mediazione fra carne e spirito, sangue e respiro, una visione i cui contorni sfumati inquadrano l'anima delle cose, fondendosi - a volte - con uno dei risvolti possibili dell'apparenza. L'acqua, elemento ambiguo e mercuriale, opaca trasparenza, fonte di vita e virtuale morte, scorre in ogni sequenza, dall'incipit allo straordinario finale: la natura "com'è" (esaltata dalla fotografia curata da Jeanne Lapoirie e Antoine Heberlé) è percorsa da rintocchi surrealisti (le formiche, le mani à la Cocteau) e lo spirito, cercando di ritrovare(/creare) una coerenza interna alle immagini, finisce per smarrirsi (forse). Sotto la sabbia è, a oggi, il lavoro più sconcertante del regista, tanto classico da risultare compresso, irreprensibile (fin troppo), comunque [come sempre (anzi, come non mai)] bellissimo a vedersi, come il volto sibillino di Charlotte Rampling.