Avventura, Giallo, Recensione

SHERLOCK HOLMES

Titolo OriginaleSherlock Holmes
NazioneAustralia/Gran Bretagna/U.S.A.
Anno Produzione2009
Durata130'
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Lord Blackwood, spietato killer pseudosatanista, viene arrestato – e impiccato – grazie alla premiata ditta Holmes&Watson. Ma risorge. E “il gioco è appena iniziato”.

RECENSIONI

Sarebbe fin troppo facile dire che Guy Ritchie ha accantonato le sue velleità autoriali per tuffarsi nel cinema schiettamente commerciale. Direm(m)o allora che Guy Ritchie ha accantonato le sue velleità autoriali per tuffarsi nel cinema schiettamente commerciale, e ci ha guadagnato. In un contesto per sua stessa natura limitante, impossibilitato a portare avanti dieci-venti personaggi e a farli interegire su troppe linee narrative tra troppi andirivieni temporali, il Nostro ha come trovato una misura e una dimensione. Non più pulp post litteram (Ritchie : Tarantino = Creed : PearlJam) né coatto dell’ipertrofia, ma “al servizio” dell’operazione di svecchiamento cool del mito di Sherlock Holmes. Operazione riuscita, ci pare, che se da un lato non mancherà di turbare il sonno dei filologi integralisti conandoyleiani, dall’altro ha almeno il buon gusto di tenere saldo l’aspetto più caratterizzante della creatura/maledizione di Arthur Conan Doyle - il metodo scientifico deduttivo – cui Ritchie dà consistenza filmica con un personale uso del ralenti, del voice over, del flashback, del flashforward e/o del montaggio convulso con fotografia tarata a seconda dei casi. Senza esigere esagerate esegesi, si potrebbe anzi azzardare che Ritchie ha marc(hi)ato il film con le sue cifre e i suoi stilemi più riconoscibili proprio quando intendeva rendere riconoscibili le cifre e gli stilemi della fonte letteraria (vi autorizzo a citarmi. Anche in giudizio, se lo riterrete opportuno).

Fatto sta che Sherlock Holmes è film godibile e scorrevole, più pop- che post-moderno, appena troppo lungo, con una sceneggiatura stiracchiata ma tutto sommato solida, dialoghi furbetti al punto giusto, buone gag, una manciata di ottime sequenze (il combattimento, l'esplosione sul molo) e attori in parte. Andando avanti: è disonesto quanto poteva esserlo l'originale (tecnicamente vengono forniti allo spettatore/lettore gli elementi per risolvere il caso, nei fatti il solo Sherlock ha l'onniscienza per farlo), è contemporaneo vivacchiante (atmosfere molto graphic novel) ma al contempo classico per un certo modo di intendere l''eroismo', con magnificazione spudorata e condiscendente delle doti del protagonista (le sue spericolate ma impeccabili ricostruzioni - anche biografiche - a partire da dati fisio(g)nomici e dettagli apparentemente banali). E' insomma un ottimo prodotto da multisala (e multipalati) che potrebbe segnare una piccola svolta nella carriera di Guy Ritchie, all'insegna delle vite parallele: le solite ritchie-ate [ma il prossimo Gamekeeper, tratto da un suo Comic Book, potrebbe anche essere qualcosa di più (interessante)] alternate a importanti produzioni alimentari (l'annunciato sequel di Sherlock Holmes) che, personalmente, attenderemo con maggior trepidazione (con tutta evidenza, sto esagerando).

Il personaggio di sir Arthur Conan Doyle secondo Guy Ritchie (e il fumetto inedito di Lionel Wigram) sposa il suo cinema pulp, con l’azione violenta mitigata dalle esigenze del blockbuster per famiglie, ridanciano e guascone. L’autore aggiunge un altro capitolo alle varie deformazioni cinematografiche subite dall’icona classica dell’investigatore, dopo Soluzione Sette per Cento (con Holmes cocainomane), Senza Indizio (la mente è Watson), Vita Privata di Sherlock Holmes (demistificazione totale) e Piramide di Paura (un giovane Holmes-Indiana Jones). Averlo trasformato in uomo d’azione non è mera necessità spettacolare hollywoodiana: gli autori non fanno che esasperare tratti già presenti nei racconti di Doyle, dove Holmes era un lottatore atletico e Watson un ex-combattente. In questo senso fanno la differenza, rispetto ai canonici adattamenti commerciali, il montaggio calibrato con messinscena creativa, la sceneggiatura e le interpretazioni: la scrittura è di ferro, opera di Michael Robert Johnson, Anthony Peckham e Simon Kimberg, e sa unire commedia, dramma, thriller, giallo, avventura, azione e meraviglia fantastica. Fra le prove attoriali svetta la magnifica interpretazione da manipolatore anticonformista di Robert Downey jr. e sono buffe le sue schermaglie con il fido Watson di Jude Law (con latenti ombre omosessuali) o la ladra di Rachel McAdams. Il villain (Mark Strong) è d.o.c., la vena di mistero è da manuale, intricata e appassionante.