TRAMA
Un chirurgo e la sua assistente rapiscono alcune ragazze, ne asportano la pelle dal viso e la trapiantano sul volto sfigurato della figlia del medico.
RECENSIONI
"Il mio volto mi fa paura, la maschera mi fa ancora più terrore". Paura della morte e finzione del peccato nel racconto di Jean Redon sceneggiato, fra gli altri, da Claude Sautet. L'orrore di Franju inquieta nel suo incedere surreale, nel disegno d'una favola nera sinistra e stregata, nel pedinamento delle danze macabre degli attori (Franju indugia con Brasseur per le scale e con sua figlia che corteggia il telefono), nella lettura degli sguardi (senza più volto, vita) del trio assassino (av)vinto dal senso di colpa e, al contempo, indifferente all'oscenità. Dominano i chiaroscuri dell'espressionismo tedesco (i giochi di luce durante l'encefalogramma!) e delle categorie di Bene e Male (quanto mistero e repulsione/attrazione negli occhi sognanti della sfigurata, insensibile alla morte altrui!), mentre si nutre l'orrore inconscio senza esaurire certe pulsioni nella conscia messinscena dell'orrore. Gli unici tersi occhi per vedere sono quelli della Coscienza: bendati quelli dell'uomo superbo che si sostituisce a Dio, accecati dalla gratitudine quelli del suo servitore, ottenebrati dal dolore e dalla rabbia (anche verso il padre) quelli del beneficiario che ha le fattezze di un Angelo… della Morte. Dove inizia il peccato e dove finisce la pretesa d'amore? Quali limiti e alibi può porsi l'orrore? Una serie di "cappuccetti rossi" sperduti nel bosco finisce fra le mani di un compassato macellaio, caricatura minacciosa del professionista imperturbabile. Il mito dell'eterna giovinezza e il ritratto di Dorian Gray seguono con (insostenibile) occhio "documentaristico" i tagli chirurgici dei volti da asportare e la documentazione scientifica del Rigetto. Gli scheletri vengono seppelliti nella tomba di famiglia, Freud sghignazza da sotto la lapide, De Sade s'eccita nella sala operatoria, Clouzot aleggia, Franju carica con sprazzi lirici il contrasto angosciante di un'allegra aria da organetto di strada suonata da un orribile storpio. Si bestemmia Dio parlando di miracoli ma l'idolo/vittima libera le colombe, si monda, toglie il volto al padre e lo dà in pasto alle belve vivisezionate, per poi perdersi nel bosco della dolce follia. Se non fosse stato per lei, un altro omicidio sarebbe avvenuto; se era per i poliziotti, l'assassinio era certo: perché se ne vanno dall'ospedale certi che non ci sia più nulla su cui indagare?
