Monografia

Michel Gondry

VITASOGNO DI MICHEL GONDRY

A Cura di: Luca Pacilio

Eviterei una nota biografica su Michel Gondry: l’artista è in tutte le cose che fa, e non ci si riferisce soltanto allo spirito che anima i suoi lavori, ma anche alla diretta ispirazione che la sua vita ha avuto nella loro genesi: il dark side di molti suoi videoclip, la malinconica visione della realtà, il pessimismo cosmico legato alla rappresentazione della relazione amorosa (Knives outESOTSM e Science, per tutte).

MG – Osservando i miei sogni ho dedotto che lo spazio nel mio cervello per rappresentare i luoghi che ho occupato è inversamente proporzionale alla loro superficie nella realtà: grosso modo la metà della mia memoria spaziale è consacrata alla mia casa di Versailles, un quarto al resto della città, 1/8 a Parigi, 1/16 alla Francia, 1/32 a Londra, 1/64 agli Stati Uniti e 1/64 al resto del mondo. Una geografia mentale invertita… Si tratta chiaramente di un calcolo molto approssimativo, per non dire mediocre, ma dal giorno della nostra partenza dalla casa di Versailles, due o tre volta la settimana io ho sognato che la mia famiglia vi ritornava ad abitare definitivamente.

MG – Fin da quando ero bambino ho visto nell’arte e nella scienza, per me che non ero particolarmente dotato nel linguaggio, un modo privilegiato di comunicare. Non vedo grandi differenze tra arte e scienza, entrambi hanno alla base la medesima tendenza alla ricerca

La performance itinerante L’arte del sogno, una mostra di scultura e patologici regalini raccapriccianti non costituisce soltanto lo strumento per portare i prop del film The science of sleep nella vita reale ma, indirettamente, trasformare l’esposizione in una sorta di catalogo scientifico-storico del Gondry-uomo, in quanto ad essere in mostra sono oggetti assemblati in omaggio a una persona reale, a un vero amore del regista, quello che ha ispirato la storia. E il condominio in cui è ambientato il film è quello in cui Gondry ha vissuto all’epoca in cui era, come il protagonista, illustratore di calendari.

MG –Quando ho visto per la prima volta il film, arrivato alla fine, ho sperato davvero che qualcosa di diverso potesse accadere tra Stéphan e Sthepanie .

E’ quasi commovente constatare come Gondry, per nulla cambiato dalla consapevolezza di essere uno dei più importanti innovatori dell’arte per immagini degli ultimi due decenni, si stupisca ancora di quanto clamore susciti la sua opera. Arriva alla mostra come uno dei tanti visitatori, fotografa con la sua macchinetta digitale le sue stesse opere, chiede a Gael Garcia Bernal di mettersi in posa, dinnanzi al fantoccio che raffigura il suo personaggio, per uno scatto improvvisato.
Di fronte al Cinema Business che cerca la star e ne sfrutta il glamour è candido nell’ammettere, in modo quasi autolesionistico: All’inizio ero preoccupato, perché Gael è un ragazzo decisamente bello e simpatico, e ho ritenuto che la gente avrebbe pensato che questo è il modo in cui mi vedo.

MG – Gli effetti speciali de L’arte del sogno non sono stati realizzati in digitale ma con la cinepresa, fotogramma per fotogramma: Alla fine della giornata di lavoro con gli attori, portavamo una cinepresa in scena per le animazioni e riprendere gli stessi oggetti in movimento con la stessa luce. Può non sembrare molto efficace dal punto di vista produttivo, ma c’è bisogno di un lavoro complesso per ottenere questa caratteristica artigianale.

Bjork – Nella più contorta e complicata idea Michel Gondry sta cercando un’unica cosa: estrarre un po’ di magia e di mistero dalle cose.

 

 

[foto LP]