Commedia, Drammatico, Sala

MAKING OF

TRAMA

Simon, un regista d’impegno sociale, vuole girare un film su di un gruppo di operai in lotta contro la delocalizzazione della loro fabbrica, ma le riprese vengono deragliate da una serie di imprevisti tragicomici, documentati da Joseph, comparsa e aspirante regista…

RECENSIONI

Un aspirante regista è incaricato di documentare l’annosa realizzazione dell’ultimo film di un regista affermato, ispirato alla storia vera della lotta di alcuni operai contro la delocalizzazione della fabbrica in cui lavorano. È una matrioska di sinossi l’ultimo film di Cedric Kahn, presentato Fuori Concorso all’80º Festival del Cinema di Venezia, messa in abisso che parte dalla linearità brizeiana del narrato (uno sguardo alla lotta operaia di una provincia francese), per allargarsi alla travagliata vita produttiva della narrazione, la vita del set, fino ad approdare alla riflessiva, a tratti prevedibile, messa in discussione della differenza tra le due: il già visto ammiccarsi di realtà e finzione, effetto pioggia e temporale, ruolo e attore, interprete e persona, verità della disparità sociale e intrinseca impossibilità di un racconto onesto di quella verità. E nel ben orchestrato quanto sterile groviglio di specularità tra troupe e operai, la delocalizzazione di una fabbrica si trova a fare eco a quella di un finale in sceneggiatura, un esito anche lui delocato al centro di una diatriba etico-espressiva che fa competere catarsi e botteghino, tragedia e commedia, denuncia e consolazione, emozione e valore documentale.

È certamente l’ennesimo film sul cinema: da una parte c’è un regista in crisi che non ricorda più il valore della parola “onestà”, dall’altra una comparsa che diventa demiurgo, testimone documentario dell’atto creativo tutto, cinema sofferto e vitale che è ancora desiderio e possibilità. Ma oltre la letteralità meta-cinematografica di una commedia corale coinvolgente e canonica che, più che scimmiottare l’incanto devoto di Effetto notte, ricalca il solco nevrotico, cine-patologico, disilluso di Irma Vep, l’imperfetto e umanista miscuglio vita-arte di film come La belle époque, Le verità, Sull’isola di Bergman, Il libro delle soluzioni, Kahn, lontano dal protagonismo egotico di Pierre Goldman, Roberto Succo e del Thomas di La prière, racconta l’umano nell’ostacolo che è la contemporaneità, l’ideale nella vita già assuefatta dall’essere merce, l’amore (per una causa, una storia, una persona) nei rigidi bordi del profitto. Lo fa giocando con l’ironia dell’arrendersi alla modernità delle immagini e del mondo, tra toni di rifiuto Morettiano e sprazzi di sofferta vitalità artigiana alla Michel Gondry, deviando però dal pessimismo più moraleggiante, grazie all’innesto di understatement comici, picchi passionali, glaciali spaccati famigliari, che alla fine riconducono il tutto alla godibile commedia umana. Nella lotta tra sguardo e sublimazione, protagonismo e collettività, opera e prodotto, gli umani fanno riferimento a copioni diversi, parlano a stanze vuote, e non aspettano l’azione, lo stop, per entrare e uscire dalla parte. Come con il legal drama per Il caso Goldman, come con il noir per Luci nella notte, Kahn asserve la struttura ai personaggi, cuce i generi sui temi, fa spiccare il carattere sulla storia. Qui, è il punto di forza di un film che, condannato agli esiti più scontati dell’auto-riflessività, se ne emancipa proprio per la delicatezza con cui ritrae i limiti umani nel cantiere che è la realtà, per l'acume con cui, prima di chiedersi se ancora può esistere un cinema d'impegno politico, si domanda se esiste ancora l'impegno politico nell’oggi. «Non siamo negli Stati Uniti per fortuna, i registi possono avere l’ultima parola dice il regista protagonista, ma alla fine, l’ultima parola la detta ciò che sta fuori dai bordi del cinema: è il vero operaio ad assolvere i picchi enfatici dell’attore più vanesio, è la stessa amara, dimessa e distratta realtà ad assolvere la finzione dalle sue responsabilità. Perché più che un “film sul film”, Making of è uno sguardo realista al tentativo sempre più disperato e raro di realismo nel racconto, un film semplice, sull’amore e sul lavoro, quando amore e lavoro sono la stessa cosa.