Recensione, Sala, Sentimentale

IL GRANDE CARRO

TRAMA

Una compagnia di marionettisti formata da nonna, padre e fratelli e sorelle continua a tenere spettacoli per il divertimento dei più piccoli. Fino a quando un giorno il padre si sente male durante uno spettacolo. Da quel momento tutto cambia.

RECENSIONI

Ci sono film che, oltre ad essere molto belli, fanno bene allo spirito, perché hanno il potere di rievocare e ricostruire porzioni di mondo dentro cui è un dolce piacere sprofondare. Il Grande Carro, intima e delicatissima epopea familiare, è uno di questi. Philippe Garrel, ostinatamente legato ad un modo di fare cinema che quasi non esiste più, orgogliosamente alieno, dichiaratamente fuori dal tempo, a 75 anni scrive e dirige un film di un nitore e una 'semplicità' straordinarie; quasi naif sebbene studiatissimo e formalmente impeccabile con i suoi lenti e felpati movimenti di macchina. Pieno di umanesimo e umorismo. In cui convivono i legami familiari complessi (per una volta non tossici o patologici), il rapporto che lega arte e vita, il ruolo dell'artista/artigiano - squattrinato e isolato - all'interno della società (quella occidentale, preminentemente consumista e omologata), la malattia mentale, lo scontro tra il classicismo (percepito come atto di resistenza) e la modernità (ovvero la capacità di interpretare e leggere le forme del passato alla luce del presente). Sarà un lutto, quello del decano di una famiglia di teatranti di marionette, a dare il via alla storia.
I figli, fratelli e sorelle, da sempre legati all'attività (chi per senso del dovere chi per sincera passione), dovranno decidere se continuare la carriera teatrale poco remunerativa o separarsi e imboccare nuove strade. I loro sentimenti, il loro privato, i loro sogni di giovani uomini e giovani donne sono al centro del racconto. È un mondo che scompare lentamente sotto i colpi di un romanticismo che muore, quello che racconta Garrel. Il quale, al naturalismo sutura il fiabesco e il fantasmatico, in un connubio di toni e semitoni, di atmosfere sospensioni ellissi, che si incastrano alla perfezione. Ci si commuove e si ride di gusto.
Il grande carro itinerante di sogni, illusioni, speranze.
C'est la vie, sembra dirci il regista, con il suo sguardo complice, scrutatore e mai passatista.