TRAMA
Due criminali da strapazzo finiscono in galera per un colpo andato male (per meglio dire, neppure iniziato): riusciranno ad evadere approfittando dell’allestimento di un musical “carcerario”?
RECENSIONI
Ovvero: quando una troupe lavora a mezzo servizio. Dopo l'enorme successo degli 'squattrinati organizzati' dediti allo striptease, Peter Cattaneo, per non correre rischi, torna con un film uguale al precedente. Lo schema è lo stesso (tipi simpatici riescono ad uscire dai guai grazie allo showbiz), le caratterizzazioni identiche (un antieroe canaglia e a suo modo fascinoso, il suo collega nero e un po' 'suonato', il ciccione, l'effeminato intelligentissimo eccetera), la comicità la medesima, in astuto equilibrio tra malinconia e verve 'scatenata' (è il caso di dirlo). Il risultato è gradevole, ma non certo memorabile, anche perché la storia d'amore tra il galeotto e la psicologa del carcere è appiccicata senza troppa convinzione, e ci sono troppe forzature idilliache (più che in un carcere, sembra di essere in un hotel corredato di porte girevoli). Se si accettano i limiti della favoletta, ci si può anche divertire. Alla fine, la cosa migliore è l'allestimento dello spettacolo su Nelson, soprattutto per merito delle meravigliose musiche di Anne Dudley, tra Gilbert - Sullivan e Cole Porter. Tra gli attori vanno segnalati almeno Christopher Plummer e Timothy Spall, nuovamente alle prese con l'operetta dopo 'Topsy - Turvy' di Mike Leigh.

Sembra scritta da un elaborato software la sceneggiatura dell'ultimo film di Peter Cattaneo, che ha impiegato quattro anni per riprendersi dall'inaspettato successo mondiale di "Full Monty". Ha infatti tutti gli elementi messi al posto giusto per coinvolgere il pubblico e divertirlo, mantenendo inalterato lo stesso mix di "vita dura & tenerezza" che ha fatto la fortuna di "Full Monty". In realtà il ripetersi della stessa formula non garantisce per forza il medesimo risultato. Il soggetto infatti (identico a quello dello svedese "Breaking out" di qualche anno fa) sconta luoghi comuni e buonismo in dosi davvero eccessive: la prigione in cui è ambientata la vicenda sembra Disneyland tante sono le opportunità che offre, i caratteri dei personaggi sono calibrati al millesimo (tutti, tranne il "cattivone" di turno, sono in fondo "buoni", ma nelle varianti duro, intellettuale, aggressivo, finto-cattivo, fragile, ecc.), c'è pure la possibilità di innamorarsi (e di organizzare una spartana ma romantica cena a lume di candela), il direttore è un caricaturale patito di musical, e non manca il momento tragico che in una commedia a remoto sfondo sociale serve comunque a ricordare al pubblico che la vita, eh sì!, mica è tutta rosa e fiori. L'insieme è piacevolmente innocuo, ma il difetto principale è quello di dare un'ambientazione realistica (il carcere) per poi costruirvi sopra una favoletta senza nerbo con il fine di accontentare (e soprattutto non scontentare) un po' tutti.
