TRAMA
In cinque rapinano una banca, ritrovandosi fra le mani un morto, un ferito e i poliziotti alle calcagna. Giunti nel loro covo, pensano di essere stati traditi e iniziano a sospettare uno dell’altro.
RECENSIONI
Opera ammirevole principalmente per due fattori, entrambi di scrittura: lo splendido sconvolgimento temporale delle sequenze che non perde un grammo dell’impatto emotivo del climax, anzi, lo accresce nel momento in cui rinnova le coordinate del “solito” gangster-movie; la “mitragliata” di dialoghi “da strada”, realistici e non, violenti e scurrili ma assolutamente funzionali al quadro generale, senza fare mai di questi due aggettivi il fine ultimo. Il giovane esordiente Quentin Tarantino è un cinefilo onnivoro, figlio dell’America “rock” anni settanta, del cinema metropolitano duro (compreso quello nostrano, i poliziotteschi), di City on Fire di Ringo Lam (da cui riprende il soggetto e lo stilema delle pistole puntate multiple), di Rapina a Mano Armata, della exploitation cattiva, vigorosa e scherzosa che imperversava nei drive-in (non a caso, c’è Monte Hellman come produttore esecutivo). Si diverte a porre citazioni fan-atiche (la gioielleria Karina, dalla Anna “di” Godard; i nomi dei gangster, Blue, Brown, Green e Grey presi a prestito da Il Colpo della Metropolitana) mentre il suo film incede freddo e lucido, pizzicato dall’ironia, da una brutalità non affidata a virtuosismi visivi o trucchi spettacolari ma al disegno dei personaggi, alla dinamica del loro interagire che procede come un rullo compressore impazzito. Non c’è, volutamente, approfondimento psicologico o la ricerca di un sottotesto esplicito: semplicemente si vuole raccontare un gruppo di cani braccati, inscenare i loro latrati di rabbia, senza lasciare e lasciarsi il tempo per pensare. Grandi le prove di Harvey Keitel e Michael Madsen, figure da tragedia shakespeariana, con il capannone-covo (o il bar dell’inizio, dove Tarantino si fa dirigere da Robert Rodriguez: i luoghi sono solo due, e la sequenza della rapina è omessa) che fa da proscenio irrorato dal sangue del Macbeth di Polanski e da un’ironia “nera” tutta personale. In Italia, è uscito VM 18.