Animazione, Commedia, Recensione

HOTEL TRANSYLVANIA 3

Titolo OriginaleHotel Transylvania 3 – Summer Vacation
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2018
Durata97'

TRAMA

Per distrarre papà Dracula dallo stress quotidiano, Mavis organizza una vacanza in crociera a cui prenderà parte tutta la mostruosa e allargata famiglia dell’Hotel Transylvania. A bordo, il conte si innamorerà dell’umana capitano della nave, Ericka, le cui intenzioni sono tutt’altro che amichevoli.

RECENSIONI

Quello che su carta pareva essere il più inutile e pretestuoso sequel di un redditizio e mediamente ispirato – nonché goffamente gestito – franchise, si rivela essere il miglior episodio della saga; non che la cosa, se opportunamente contestualizzata, voglia dir poi granché.
Il regista Genndy Tartakosky è da sempre stato un prodigio televisivo (sue le serie Il Laboratorio di Dexter e Samurai Jack) sia in termini di narrazione che di sviluppo visivo, complice la maggiore libertà creativa che il medium permette. Il passaggio al grande schermo col primo Hotel Transylvania (2012) fu alquanto deludente, forse a causa dell'ingombrante presenza di Adam Sandler e la sua squadra che, oltre a produrre e prestare le voci ai personaggi, si occuparono anche di una sceneggiatura didascalica e pedissequa, dalla morale facile e spiattellata senza mezzi termini, che spreca il seppur intrigante concept di base. I punti forti sono sempre stati un' animazione e un character design alquanto innovativi per un film in CG, capaci – grazie a un avanzatissimo rigging dei modelli – di ammorbidire le rigide costruzioni poligonali e riplasmarle all'occorrenza in pure forme animate. Ecco perchè agli animatori è da sempre stato vietato l'uso di reference live action, in quanto non solo inutili, ma odiatissime dal regista, con cui leggenda vuole sia piuttosto difficile lavorare. Il risultato è sorprendente ed estremamente vicino a un certo tipo di animazione tradizionale, nello specifico quella degli anni trenta dei fratelli Fleischer (Betty Boop, Popeye) di cui Tartakovsky è da sempre stato un enorme fan, tant'è che, dopo il primo (ancor più dimenticabile) sequel, aveva cominciato la lavorazione di un Popeye in CG. Il teaser pubblicato online è stato un unanime trionfo, che però non ha convinto la Sony a mettere il film in produzione, preferendo ad esso il terzo capitolo della saga di Drac & co. Forse anche a causa di questo sgambetto Tartakovsky ha impuntato i piedi e preteso un maggior controllo creativo. Allontanati Sandler e la sua banda (che ritornano “solo”  in veste di produttori esecutivi e doppiatori), si è occupato in prima persona di soggetto e sceneggiatura, insieme a Michael McCullers, raggiungendo finalmente una convincente coerenza stilistico-narrativa. Le animazioni e i concept omaggiano sempre più quelli dei Fleisher Studios (menti pronunciati, bocche oblique), con qualche strizzata a Tex Avery e Chuck Jones,  ma è negli occhi ovali e oblunghi che si coglie la firma dei Sony Animation Studios, forse i soli ad aver trovato una valida alternativa allo stile Disney-Pixar e che mantengono anche per le produzioni su commissione (come l'imminente Smallfoot per la Warner).

Il film evolve in un totale divertissement, la cui trama è solo un veicolo per ottime gag, a loro volta puro pretesto per spingere verso animazioni sempre più esagerate, silhouette estreme (Drac praticamente non ha collo, è incassato nel suo tradizionale mantello), pose sempre più innaturali (il sorriso del volto innamorato del conte è da antologia). Ogni mostro è inscrivibile in una shape base poi deformata secondo i principi classici dello stretch and squash e dell' exaggeration, sempre rispettando l'appealing (altro principio) del design di partenza. I cicli di camminata, anch'essi esagerati e dal timing forsennato, ne sono un perfetto esempio. Le new entry sono spassose e divertenti: Ericka nella sua impacciata charade sembra soffrire di un comico bipolarismo, mentre Van Helsing è l'unico personaggio a mancare volutamente di appeal, ridotto oramai a una grottesca creatura biomeccanica più mostruosa dei mostri stessi da lui tanto odiati e cacciati.
Insomma, con Hotel Transylvania 3 il franchise finalmente dà libero sfogo alla sua vera natura, tanto sfrenata quanto intenzionalmente effimera, dalla chiara matrice televisiva, che dosa gli inutili moralismi quasi immancabili nei family movies, durando il tempo di una scatola di popcorn. Trama e sviluppi sono solo accessori, e lo dimostra il finale talmente campato in aria e – si passi l'espressione – tamarro, che qualcuno potrà anche trovare geniale.