TRAMA
Appena divorziata, accetta l’invito di due cowboy e li accompagna nella loro casa di campagna a Reno, in Nevada. Si fidanza con il più anziano dei due, contestandogli però la violenza sugli animali.
RECENSIONI
La prima sceneggiatura per il cinema del commediografo Arthur Miller, scritta appositamente per la moglie Marilyn Monroe a partire da un racconto pubblicato su Esquire nel 1956, “The Mustangs”, stempera le tinte fosche grazie al sarcasmo (non meno pessimista) di John Huston, che ironizza sui divorzi (specialità di Reno) e la coppia che scoppia. Se c’è una cosa, però, che unisce i due autori, è l’ansia di libertà da regole e padroni. La bella donna contesa scatena nei tre uomini un'eccitazione che li porta a confrontarsi con i propri tormenti (il circolo vizioso di chi non ha avuto validi modelli genitoriali, ad esempio): il personaggio di Marilyn, leggermente enfatico (Huston non è mai stato portato per le figure femminili), è talmente altruista, in empatia con la sofferenza altrui, ingenuo e disarmante che trasforma gli "ultimi uomini veri", i cowboy predatori, in cuccioli in cerca di mamma. Lei ama e soffre per la Vita (all’inizio è presa dallo sconforto, si dà all’alcol), gli altri si nascondono da essa. Li doma o dona loro una coscienza critica? L'amara conclusione è che i tempi sono cambiati, che una razza è destinata a sparire, che i cowboy in cerca di libertà sono un sogno antico che si guadagna la libertà a scapito di quella altrui (i mustang: i misfits del titolo originale sono cavalli selvaggi). Miller è ambiguo e Huston non tira le fila dell'allegoria sul difficile rapporto con l'altro sesso (Gable è maturato o è stato solo domato?), il suo sguardo resta maschile e preferisce immaginare Marilyn in numerose scene sexy e promiscue (l’ancheggiare con racchetta e pallina, ad esempio), sottolineando la distanza fra la schiettezza del personaggio e la malizia di chi la guarda (tocco di Miller, che mette a nudo la moglie e il loro rapporto in crisi). L'attrice, dal canto suo, è tanto sensuale quanto troppo consapevole di essere la star con ruolo per consacrarsi in una pellicola d'autore. Col senno di poi, un set maledetto: fu l'ultimo film dell’attrice (ricoverata anche durante le riprese) e di Clark Gable (forse nel ruolo migliore della sua carriera: morirà d’infarto undici giorni dopo l’ultimo ciak), la coppia Miller-Monroe divorziò, Montgomery Clift morì di lì a poco.