TRAMA
Lo scrittore Clifford Irving si vede negare per l’ennesima volta dalla casa editrice McGraw-Hill la pubblicazione di un manoscritto. La voglia di rivalsa lo porta ad architettare una truffa all’apparenza impossibile. Finge, infatti, di essere stato contattato dall’irraggiungibile magnate Howard Hughes per scriverne la biografia. L’escalation di bugie lo porterà inaspettatamente al successo e alla ricchezza, ma…
RECENSIONI
Il cinema ama le truffe, soprattutto se la storia è vera, il raggirato è un multimiliardario e il raggiratore un fantasioso Signor Nessuno. Clifford Irving, alle cui gesta si era già ispirato Orson Welles nel 1973 con F come Falso - Verità e Menzogna, è un personaggio realmente esistente, uno scrittore in cerca del libro in grado di "vendere più copie della Bibbia" che negli anni Settanta riuscì a convincere il mondo intero di essere in procinto di pubblicare una biografia del magnate Howard Hughes. L'eccezionalità del fatto, come ci insegna The Aviator di Martin Scorsese (incentrato appunto sulla figura di Hughes), deriva dalla proverbiale eccentricità del famoso miliardario americano, che negli anni Settanta era già vittima di fobie e manie e viveva da ormai due lustri come un recluso nei suoi rifugi in Nevada e alle Bahamas. La truffa, nata per gioco e portata avanti per sfida, garantì a Irving anticipi da capogiro e una notorietà impensabile, fino a quando lo stesso Hughes, nel suo ultimo intervento pubblico prima di morire, smentì in diretta televisiva la veridicità della biografia appena pubblicata. Lasse Hallström racconta la vicenda affidandosi per lo più agli interpreti e alla bizzarria della storia, e la sua regia si limita a illustrare gli eventi senza aggiungere né inventare nulla. L'approccio scolastico (non mancano inserti d'epoca su Nixon e le manifestazioni contro la guerra in Vietnam, così come fotografie e video del vero Howard Hughes), amplificato anche dalla fotografia prevedibilmente plumbea di Oliver Stapleton, non nuoce al film, ma ne riduce la portata. La sensazione del già visto è infatti costante. In più occasioni sembra di assistere a un'appendice di Prova a prendermi, più opaca e con flash onirico/paranoici mutuati con poca verve da A beautiful mind. Non sempre a fuoco, a livello narrativo, le motivazioni dei personaggi, con inutili digressioni (i crucci affettivi dell'amico-complice Richard Suskind), fastidiose sottolineature (lo stesso Irving vestito e truccato come Hughes che ne imita la voce davanti a un registratore; sequenza, a quanto si legge, ideata e voluta dallo stesso Gere) e una linearità che nel chiarire i fatti li priva di mistero. Tra gli interpreti, Alfred Molina, nel ruolo di Suskind, è forse il migliore, Hope Davis appare un po' soffocata dal look Seventies, mentre Marcia Gay Harden è involontariamente comica. Poco più di un cameo le apparizioni di Stanley Tucci e Julie Delpy. Quanto al protagonista Richard Gere, imbruttito e più nasuto del solito, dimostra di credere al progetto, ma continua ad abusare di mossette e gesti di maniera. Interessanti, invece, le scelte musicali di Carter Burwell. Difficile, comunque, appassionarsi a una storia completamente radicata nella cultura americana e poco esportabile (chi non conosce la figura di Hughes faticherà un'oretta buona per capire la genialità di Irving). Colpisce, al riguardo, la decisione di fare uscire il film prima in Europa, dove ha poche probabilità di conquistare il box-office, rispetto all'America, dove, salvo ripensamenti, sarà distribuito solo a partire dal 6 aprile 2007.