Drammatico, Recensione, Storico

GIOVANNI FALCONE

TRAMA

A partire dal 1981, la vita e le indagini del giudice Falcone a Palermo, impegnato contro la Mafia. Un pentito eccellente, Buscetta, gli rivela molte cose, troppe…

RECENSIONI

Altro istant-movie, a distanza di un anno dalla strage di Capaci del 23 maggio 1992, da parte di Giuseppe Ferrara, come il suo Cento Giorni a Palermo su Dalla Chiesa: è un seguito ideale nella forma e nel contenuto, un Padrino-Parte II che sposta l'invettiva verso la politica. Un cinema cronachistico che tenta di riassumere un brano di Storia del nostro paese, citando le proprie fonti (sfilza di nomi nei titoli di testa), sommergendo lo spettatore di dati e notizie, avvicinando più l'inchiesta giornalistica che l'opera cinematografica. Allo stesso tempo, sono inevitabili nel DNA dell'autore lo schematismo, l'enfasi, la retorica, la faziosità nella ricostruzione che procede per teoremi. In quest'ottica, gli è pure impossibile riuscire a mantenere una sorta di "distacco realista" (i dialoghi sono spesso appiccicati per dare l'informazione giusta al momento giusto, i delineamenti psicologici non sono curati, le recitazioni a volte falliscono: il punto più debole, purtroppo, è proprio Placido-Falcone) o concentrarsi sull'emozione prettamente drammaturgica (è una scelta precisa non sposare troppo la fiction per rimanere ancorati all'attualità e smuovere le coscienze). Due elementi salvano sempre in corner il cinema di Ferrara: il professionismo nella messinscena e la sua voce di protesta sentita, da attivista puro, che infine sa trasmettere il dolore e la rabbia nonostante gli errori e l'impronta didascalica spicciola. L'unico tocco "autorale" che il regista si concede richiama continuamente il senso della morte attraverso Il Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, film molto amato da Falcone.