
TRAMA
Una famiglia in vacanza in riva al lago è tenuta in ostaggio da due ragazzi psicotici.
RECENSIONI
Ferocia antiborghese a parte (Haneke ha citato il Teorema di Pasolini e L’Angelo Sterminatore di Bunuel), il regista austriaco gioca a destrutturare gli schemi classici del thriller americano, stravolgendone il linguaggio e i segni (inquadra di continuo un coltello che si presuppone sarà un mezzo di fuga e non lo sarà), per indurre lo spettatore ad una (auto)riflessione sulla violenza e la morbosità che attira la sua visione. L'orrore e il sangue sono off, l'ironia agghiaccia anziché liberare, le giustificazioni psicologiche latitano ("Perché lo fate?", "Perché no?", rispondono): si vuole annullare la catarsi dall'ansia. Come Alfred Hitchcock, Haneke fa violenza prima di tutto allo spettatore, lo destabilizza, orchestra un'angosciante atmosfera d'attesa e semina indizi inquietanti. I giochi crudeli dei due bizzarri Stanlio e Ollio (lo smilzo e il pacioccone: due interpreti efficaci) portano il caos nell'ordine, il metal "urlante" nell'idillio di Haydn e Mozart, gli esperimenti nel terrore nella sala cinematografica e nella coscienza di chi è costretto ad identificarsi con la soggettiva del male in cerca di complici (l'assassino con la mascherina si rivolge alla macchina da presa), e non ha il controllo del "telecomando" con cui il boia riavvolge il nastro quando le cose non vanno come gli aggrada. Haneke confonde lo sguardo ed esplicita il perverso meccanismo d'identificazione con cui s'istiga il criminale sullo schermo (chi controlla chi?). La prima parte è una camera delle torture psicologiche, con un sorprendente meccanismo metacinematografico, in cui la tensione implode colpendo direttamente allo stomaco. Nella seconda la teoria prevale sulla pratica, Haneke si compiace di filmare le convenzioni come non si "dovrebbe": usa tempi "europei" per la più banale caccia al topo, evita il montaggio in modo estenuante (fino al lunghissimo piano sequenza a macchina fissa sulla scena del delitto), pretende un comportamento patetico ed inverosimile da parte delle vittime. Se è un cinico espediente per indurre lo spettatore ad odiare i noiosi borghesi e invocare il ritorno dei serial killer, l'esperimento è monco nel momento in cui denuda ma dimentica di analizzare le nudità, le contraddizioni del "voyeur": perché non compatisce le prede e agogna l'azione violenta? Meglio i morti dei tempi morti?
