Horror, Recensione

DRACULA 3D

NazioneItalia/Francia/Spagna
Anno Produzione2012
Genere
Durata106’
Tratto dadal romanzo di Bram Stoker (ispirazione molto libera)
Fotografia

TRAMA

Transilvania. Il giovane Jonathan Harker viene assunto come bibliotecario da un nobile molto esigente, che vive in un castello diroccato e non vede mai la luce del sole.

RECENSIONI

E’ puro meccanismo, il Dracula di Argento. Coproduzione italo-spagnola, primo horror (semi)italiano stereoscopico, location improbabili (Biella la principale) e suicidio al botteghino, Dracula 3D si dichiara dalla prima sequenza, una vera carta d’identità: i sincopati titoli di testa annunciano “Dracula di Dario Argento”, poi sono elencati gli attori nei rispettivi ruoli, come per uno sceneggiato, e parte una vorticosa fuga prospettica, a uso del 3D, che termina nella casa della prima vittima. Più chiaro di così. Subito dopo, per chi avesse ancora dubbi, ecco l’incontro tra Tanya e Milosh: si passa dalla tensione al bacio nell’arco di un’unica ripresa, e poi ancora la tensione, con tanto di corona d’aglio appesa al muro e scena di sesso rischiarata dal lampo di un temporale. Il gioco è iniziato. La rimasticatura del mito passa dallo svuotamento delle sue figure, che restano solo come gusci formali: i personaggi sono contenitori, marionette esemplificate per tutti da Lucy/Asia Argento (quanto dissonante è la sua recitazione, tanto pertinente la corporalità vampiresca), le potenziali scene di tensione non hanno tensione perché sono denti di un ingranaggio. Un accumulo di elementi che avanza spudorato, quindi, alternando sequenze a sfida del ridicolo (la lite tra Dracula e Tanya sulla preda) a stralci argentiani mimetizzati nel topos ma inconfondibili: tra questi il ruolo degli animali e l’ingenua, casalinga coreografia seventies di alcuni omicidi (la morte di Zoran con relativo disocchiamento), unico plausibile legame col cinema artigiano che fu. Argento 2012 si pone lontano sia dallo scetticismo dell'horror postmoderno, sia dal recupero della 'paura seria' senza ironia: è proprio uno strano oggetto a parte, la ripetizione di una poetica non passata ma fuori tempo (gli effetti di Stivaletti e la colonna sonora di Simonetti, entrambi fondamentali e caratterizzanti), un ricalco sugli stessi passi, solo aggiornati al tridimensionale, mai guardando al logico e al verosimile. Inutile provare a ricostruire, molti passaggi restano assurdi a ogni lettura: inutile, per il regista, scrivere un'irrilevante successione di eventi quando può percorrere un canovaccio. Se il plot non è mai stato materia argentiana qui, come Il fantasma dell'opera, si tocca il culmine di questa concezione consegnandosi alla favola di Dracula, a un libro già scritto. A una storia che non importa. La trama si dimentica per librarsi nella zona del film astratto, quasi della forma in sé: si spiega così l'aspetto grafico sorpassato (il Van Helsing di Rutger Hauer, clamorosamente vecchio) o sfrontatamente iconografico (il paletto di frassino, l'acquasanta, la pallottola d'argento). Su tutto, però, c'è sempre l'illuminazione che svela la natura del gioco, c'è la mantide gigante, frammento della Troma, che scandisce chiaramente: Stiamo solo scherzando. Dario Argento finge di ricostruire il romanzo di Stoker. In realtà non c'è alcuna filologia, tranne che per i nomi: l'atto di purismo è solo presunto, contro le versioni spurie e contaminate nell'epoca dei twilights (i vampiri non hanno altri poteri sovrannaturali, puntualizza il regista), ma si risolve in una re-visione eccessiva e sovraccarica. E funziona. Né cinema metalinguistico né ritorno al testo originale, dunque: piuttosto un amico stonato che ti racconta sempre la stessa storia gonfiando, imbellettando, esagerando i particolari. E’ la sua versione, Dracula (solo) secondo lui. Per questo i dialoghi non vanno ascoltati seriamente, la sceneggiatura è superflua: si può stare al gioco argentiano, orgoglioso e anacronistico, oppure legittimamente respingerlo. Basta non accostarlo al vertice di una produzione quarantennale perché sarebbe, semplicemente, sbagliato: Argento oggi è il combaciamento sghembo genere/colore di Giallo, è il regista che per interposta persona (la figlia) ci ride in faccia nel finale de La terza madre. Allo stesso modo l’inquadratura che chiude questo film: la polvere di Dracula che diventa vortice 3D, forma la figura di un lupo e infine “azzanna” lo spettatore, è un’altra grassa risata, nuova firma in calce a un cinema contro il tempo e per sé stesso, per il suo e nostro mondo.