TRAMA
1668: morto il padre, la giovane corsara assume il comando del galeone alla ricerca di un’isola del tesoro, in competizione con il perfido zio. La mappa è divisa in tre parti.
RECENSIONI
Pirati, isole del tesoro, arrembaggi, galeoni, fughe rocambolesche, duelli, schermaglie amorose, ironia, burrasche e ammutinamenti. La nuova coppia “in vista” del cinema hollywoodiano, Geena Davis e il marito finlandese Renny Harlin, tenta di riesumare ad Hollywood un genere che, dopo i gloriosi tempi di Douglas Fairbanks ed Erroll Flynn, dagli anni ottanta in poi è stato approcciato solo in chiave comica (Pirati di Polanski) o accennato nel cinema per ragazzi (I Goonies). Lo fa senza alcuna pretesa postmoderna o ponderata, puntando tutto (alla Harlin) sulla spettacolarità, il movimento e tutto ciò che il denaro può comprare. Un film fastoso, con ritmo Speedito e alla ricerca dell’esagerazione (la scena della fuga dal mercato degli schiavi: tante esplosioni, fino al fastidio). Il giovane Born American (titolo d’esordio che è tutto un programma) non ha il senso della misura ed è convinto che l’accumulazione di ciò che lo eccitava da ragazzino (la Hollywood degli effetti speciali e dei budget stratosferici) al cinema faccia la differenza, dimenticando il ruolo del climax narrativo e dell’originalità di ciò che si racconta. Il suo entusiasmo è anche contagioso: nonostante si disinteressi di stereotipi e mancanza di novità, il suo cinema “materico” frastorna e conquista con un’avventura dietro l’altra, con stimoli e pulsioni che drogano il cervello inebetito dal moto continuo, ben confezionato e godibile (giovava qualche panoramica paesaggistica in più, stile Cliffhanger). La Jolanda, la Figlia del Corsaro di Geena Davis è beona, rozza, scazzottante e dovrebbe sfruttare la sua immagine di donna moderna dopo Thelma e Louise, ma resta un ingrediente ridicolo, da non prendere sul serio. Funzionano e non funzionano i ralenti epici nel quadro scanzonato e sono solo discreti i tentativi del racconto di divertire e sorprendere.