Politico, Poliziesco, Recensione

CADAVERI ECCELLENTI

TRAMA

L’ispettore Rogas indaga su vari omicidi di giudici: sospetta un farmacista scomparso, accusato dalle vittime ingiustamente, ma il capo della polizia, in combutta con i vertici militari, gli fa pressione affinché accusi i gruppi rivoluzionari giovanili.

RECENSIONI

Dopo essere stato il padre del cinema politico, con quest’opera Francesco Rosi è come se reinventasse se stesso alla luce del successo di Z-L’Orgia del Potere di Costa-Gavras: prima di tutto perché media la ricostruzione della realtà attraverso un testo letterario (“Il contesto” di Leonardo Sciascia, 1971), cosa che caratterizzerà tutto il suo cinema a venire; in secondo luogo perché tenta, con scarsi risultati, la chiave grottesca, fra qualche carattere riuscito (il giudice con la sindrome di Ponzio Pilato) e troppi altri sopra le righe (con attori anche mal diretti). Il finale e lo sviluppo drammaturgico (poliziesco d’indagine che si sporca nel sarcasmo per diventare politico), finiscono con l’essere identici al film citato, con l’unica differenza tematica che, nel film di Costa-Gavras, scoprire la Verità porterà al colpo di stato militare, mentre qui il PCI preferisce evitare rendendosi complice della menzogna. L’opera pare rievocare anche il cinema giallo/politico di Damiani, che è un imitatore di Rosi! Muse a parte, dopo un raccontare abbastanza sconnesso, il finale-shock non funziona, non ha rabbia né veemenza: da un lato perché è cinema contingente con laconicità ed ellissi che danno per scontata la conoscenza di molti fatti e climi del periodo, dall’altro per quel difetto congenito allo stile di Rosi, da qui in poi sempre più evidente, di sottolineare la tesi partigiana fino a rendere la dialettica ingenua. Il suo intento, riuscito solo a metà, era quello di una metafora sulla corruzione del potere durante la strategia della tensione (governata dalla Democrazia Cristiana ai danni del Partito Comunista Italiano: ovvie polemiche all’uscita del film in sala). Ad essere davvero notevole, come in tutto il suo cinema, è il lato “architettonico” del film: dalla Sicilia (Agrigento, Palermo) a Napoli e Roma, Rosi è magistrale nella scelta di location che danno all’opera un’aria un po’ astratta, fuori dal Tempo (qui sì), ed è encomiabile il suo tentativo di messinscena stilizzata, simbolica, evocativa, con dilatazioni e tocchi figurativi lirici.