TRAMA
La figlia d’una nota attrice cinematografica inizia a manifestare misteriosi disturbi: i medici alzano le mani e consigliano un esorcismo cattolico.
RECENSIONI
Un cult maledetto, che sta all'orrore satanico come 2001: Odissea nello Spazio sta alla fantascienza (è forse un caso che la statua del demonio in Iraq di fronte a Max von Sydow ricordi il monolite di fronte all'uomo?). Insieme con Rosemary's Baby (ma non dimentichiamo Exorcismus di Seth Holt e The Alphabet di David Lynch) ha fondato l'horror moderno ed adulto, è stato il primo a servirsi in modo raffinato dei trucchi senza diventarne schiavo ai fini effettistici. Il terrore evocato da Friedkin, infatti, nasce prima di tutto da presagi inquietanti, reali o ancestrali (le icone rinvenute in Iraq), da atmosfere ammorbate e dai limiti umani: nel quotidiano scopre volti logori, luoghi guasti, l'impotenza frustrante della scienza di fronte al soprannaturale (il demone atterrisce anche per la sua onniscienza), il dolore disperato dei malati (in manicomio), la solitudine e il rimorso. È la realtà a fare da anticamera all'Inferno, non a caso una delle scene più disturbanti si svolge in ospedale e segue il sanguinoso iter medico, che è un altro orrore. Lo scontro epico fra Bene e Male si gioca anche all'interno del Bene stesso (la perdita di fede di Miller). Sono passate alla storia le numerose sequenze forti e scioccanti (la madonna dissacrata) che hanno per protagonista il demonio (il più terribile mai apparso al cinema), immondo e dedito al turpiloquio (voce di Mercedes McCambridge in originale, Laura Betti da noi) come ai gesti osceni, seguace del prete/Satana apparso in Simon del Deserto. La stanza dell'esorcismo, la scalinata "della morte" e le note di "Tubular bells" di Mike Oldfield sono entrate nell'immaginario. La regia di Friedkin è votata ad un realismo estremo, senza edulcorazioni, e si distingue, in particolar modo, per il magistrale uso espressivo dei suoni: l'effetto si gioca sull'alternarsi di grida (usando anche lo strillo dei maiali macellati) e rumori tremendi con silenzi da fiato sospeso, dal martellare snervante che caratterizza l'apertura in Iraq, al timbro meccanico dei pannelli con le radiografie in ospedale.
Versione integrale
È da evitare la riedizione del 2000 con aggiunta di sequenze inedite, appiccicate con lo sputo e facili da riconoscere nella versione nostrana doppiata vergognosamente. Sono scene non volute dal regista bensì dal produttore/sceneggiatore William Peter Blatty: esami medici che anticipano i sintomi, ridicole faccine di demoni, la discesa delle scale "a ragno" (abbastanza valida), una lacunosa scena in cui Miller ascolta la segreteria telefonica e un brutto epilogo, più distensivo dell'originale, con un Lee J. Cobb "cinefilo". Una "versione integrale" in cui il primo ad essere "ucciso" è il regista, proprio come accade nel film.