Recensione, Supereroi

AVENGERS: AGE OF ULTRON

Titolo OriginaleAvengers: Age of Utron
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2015
Genere
Durata141'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Fantomatica Sokovia. Gli Avengers fanno irruzione nella fortezza dell’HYDRA comandata dal barone Wolfgang von Strucker e recuperano lo scettro do Loki. Scoprono che nella gemma all’interno dello scettro c’è una superintelligenza artificiale che Stark e Banner vogliono usare per creare Ultron, un programma di difesa globale che però… (zzz).

RECENSIONI

Diciamo che visivamente, ma anche concettualmente, Age of Ultron il suo meglio lo dà nel piano sequenza iniziale. Si tratta di un piano sequenza digitale quindi falso per definizione, ovvio, ma sono facezie prive di senso, nel 2015. L’idea di dedicare una parte del piano sequenza a ciascuno degli Avengers per poi farli convivere negli ultimi fotogrammi non sposterà l’asse terrestre di qualche centimetro ma è – banalmente – buona. E la sequenza stessa ha anche una dignità autonoma: è ben coreografata, intrattiene e fa il paio con una sua omologa inserita nella battaglia di New York del primo film. Mostra però i primi limiti. La frenesia ha qualcosa di eccessivo e confuso e il montaggio interno al long take, ovviamente privo di stacchi per definizione, sa di frammentario. Da lì in poi le cose peggiorano.

Avengers 2 segna, infatti, un arrogante passo avanti sulla strada dell’emancipazione del fumetto rispetto al cinema. Cerchiamo di chiarire: i Marvel Movies sono tratti dai fumetti ma il buon senso suggerisce che dovrebbero avere anche una fruibilità indipendente rispetto al medium di partenza. Ecco, l’impressione è che, invece, affrontare Age of Ultron senza sapere, a priori, chi sia Ultron o cosa sono le gemme dell’infinito, senza insomma essere iniziati, può essere faticoso e molto poco appagante. Ma la seconda impressione, che subentra subito dopo la prima, è che anche gli iniziati si troveranno costretti ad ammettere che il film, dal punto di vista dello storytelling, sia una mezza schifezza.

Personaggi, spunti, trame e sottotrame sono buttati nel calderone un po' a casaccio, senza apparente gerarchizzazione tra fattori più o meno importanti. Il risultato è un piattume emotivo continuo che, unito a un sovraccarico informativo farraginoso, fa passare la voglia di 'stare attenti'. Come a dire: tanto se capisco o non capisco mi sembra uguale, speriamo di divertirci lo stesso. Ci si diverte? Poco e male. A tratti. L'ormai famosa scazzottata tra Hulk e Hulkbuster è un bel momento, efficace contaminazione tra epico, comico e drammatico. Lo scontro finale su sfondo di città volante ha il suo fascino, anche se appare un po' arbitrario e gratuito. Ma 141 minuti sono tanti e un paio di sequenze spettacolari non possono essere (auto)sufficienti.

Non aiutano la riuscita del film un cattivo - Ultron - sospeso nell'impossibile limbo tra la macchietta robotica e il villain onnipotente, al comando di un esercito di droidi imbranati e inoffensivi, e la goffa quanto frettolosa discesa in campo di un personaggio teoricamente chiave come Visione, la cui conversione è più repentina di quella di Saul sulla via di Damasco. Umorismo ridotto, rispetto al primo film, sia nella quantità (Downey Jr. fa il minimo sindacale) che nella qualità (la gag di Captain America vs. Linguaggio scurrile, refrain comico coestensivo al film, fa ridere i polli), con la battuta migliore affidata a Hawkeye, che (auto)ironizza al secondo grado sull'assurdità della situazione (e sul suo arco). Immancabili il cameo di Stan Lee e il post-postfinale posizionato, però, a neanche metà dei titoli di coda, che vede Thanos stizzito per l'inettitudine delle sue 'pedine'.

Il capitolo 2 di Joss Whedon non delude, confermando le qualità di scrittura e messinscena, la capacità (non da poco) di preservare un cantuccio colorato per ogni personaggio (con più dedizione per l’affettuoso legame fra Vedova Nera e Hulk e per Occhio di Falco, trascurati nel precedente episodio). Whedon conosce bene e rispetta l’universo Marvel, sa che Capitan America è la voce della giustizia, Thor il dio tutto d’un pezzo per cui è vano il profilo psicologico, Stark l’umorista con lato oscuro pericoloso (ben descritto), Banner il tormentato con differenze ben marcate dal mostro. La saga fumettistica di Ultron (cui dà movenze, con motion capture, James Spader) è degna di nota, soprattutto, per la nascita di una delle maschere più suadenti della Marvel, Visione (interpretato da Paul Bettany): nel film compare tardi ma, grazie ad una sceneggiatura precisa al millimetro, ben esprime il proprio temperamento da filosofo dell’umanità. Il racconto cerca un nuovo esercito che combatta contro i Vendicatori come nel capitolo precedente e ha lo spessore della tragedia, in cui si riflette sulle paure degli uomini di pace che creano le macchine della guerra che li annienterà. Il potere della mutante Scarlet Witch (per questione di diritti X-Men, si chiama “potenziata”), invece, permette sprazzi onirici con le visioni che dona alle sue vittime. Ingredienti non banali, soprattutto nell’ottica di un prodotto pensato per la spettacolarità, copiosa: dall’incipit combattuto in una foresta innevata (coreografie troppo veloci, girato anche al Forte di Bard in Val d’Aosta) all’epilogo su città volante, le scene di combattimento migliori sono, come nel capitolo precedente, quelle dove gli straordinari effetti speciali interagiscono con alveari cittadini ripresi dal vero, e lo scontro fra Iron Man e Hulk, in questo senso, è da antologia. L’unico punto debole è drammaturgico: non è ben motivato il motivo per cui Ultron odi e disprezzi gli Avengers.