Carcerario, Recensione

ANIMAL FACTORY

TRAMA

Accusato di detenzione e spaccio di droghe leggere, il giovane Ron Decker (Edward Furlong) è severamente punito dal giudice, intenzionato a farne un caso esemplare. Inviato in un carcere comune insieme a criminali di ogni tipo, Ron viene preso sotto l’ala protettiva di Earl Copen (Willem Dafoe), uno dei decani del penitenziario. Ciononostante la vita in carcere è tutt’altro che pacifica.

RECENSIONI

Granitico prison movie d'impronta prettamente psicologica, Animal Factory è tratto dal romanzo omonimo di Edward Bunker (presente nel film in un cameo breve come il nome del suo personaggio: Buzz), scrittore che ha passato buona parte della sua vita a entrare e uscire dal carcere. Filtrata dal libro, la conoscenza diretta degli ambienti e delle dinamiche penitenziarie si stampa limpidamente sullo schermo, dando al film di Steve Buscemi (anch'egli presente come attore in una piccola parte) una rara esattezza descrittiva.

La vita nel carcere è rappresentata come una cerimonia scandita da una serie di avvertenze, regole e etichette così rigorosa e inviolabile da far pensare addirittura alla vita di una corte, con le sue fazioni, i suoi intrighi e le congiure. Un microcosmo in grado di rispecchiare, esasperandole ferocemente, le impassibili dinamiche del potere. Intercettando le violente tensioni paranoiche che innervano questo universo ermeticamente chiuso, Buscemi gira quasi tutto il film con primi e primissimi piani concentrati sui volti dei personaggi, dando maggior risalto ai risvolti psicologici delle situazioni che all'azione vera e propria.

Ne esce un film ovviamente ossessivo e claustrofobico, ma in grado di schivare l'effetto caricatura grazie all'interpretazione splendidamente trattenuta di Edward Furlong (di Dafoe non si può dire altrettanto) e alle felicissime pause descrittive che allentano opportunamente la tensione drammatica, allargando l'osservazione al contesto carcerario e aggiungendo un sapore vagamente documentaristico che irrobustisce la precisione del ritratto. Notevole la componente musicale: se lo score elettrico e martellante di John Lurie immerge il film in atmosfere violentemente distorte, le performance live di Antony (Rapture) e soprattutto di Jake La Botz (This Ain't the Way I Come Up) lo struggono internamente. Occhio a Mickey Rourke: nei panni travestiti di Jan l'Attrice è più in forma che mai.