TRAMA
Ha una moglie ed un figlio ma, per sentirsi completo, ha bisogno di conoscere la vera identità dei suoi genitori. Ne va alla ricerca, assieme alla procace addetta dell’Ufficio Adozioni.
RECENSIONI
Seconda opera dell'indipendente David O. Russell (la prima, Spanking the Monkey, inedita da noi, era una farsa crudele sull’incesto): se, in superficie, assomiglia (lieto fine compreso) a tante commedie hollywoodiane scacciapensieri, nel dettaglio ha una sfrontatezza (soprattutto sessuale), un sarcasmo amarognolo, un acume d'osservazione, un coraggio sconosciuti alla Mecca del Cinema quando si preoccupa solo di produrre film per famiglie. Parte con una finta seduta psicanalitica alla Woody Allen, per poi incamminarsi in un on-the-road atipico, con l'eccentrico espediente della ricerca dei veri genitori, fra, appunto, amori e disastri continui. L'argomento principe, in realtà, è la crisi di coppia, intesa in senso lato fra rappresentanti della media borghesia (George Segal - Mary Tyler Moore), della generazione ex-sessantotto (Alan Alda - Lily Tomlin) e della omosessualità (il meraviglioso Richard Jenkins), portando a galla nevrosi e fobie tanto "classiche" quanto raramente esplicitate in siffatto modo, senza peli sulla lingua, con arguzia (Russell è autore anche della sceneggiatura). Ben Stiller (cui arriderà maggior successo col successivo Tutti Pazzi per Mary, che a quest'opera deve molto) interpreta un personaggio alla ricerca di un'identità e, durante questo tentativo, allegoricamente, il mondo che lo contiene e lo circonda è completamente instabile se non folle: la ricognizione smaschera la propria vacuità, nel momento in cui palesa il desiderio di rinvenire delle coincidenze prodigiose, anche dove esse non sussistono. In cerca di conferme, legge pateticamente ogni incontro come segno del Destino. Forse più paradossale che divertente, ma sono da culto certe scene, come quella della "banana fra le mutande" e quella in cui Patricia Arquette si fa leccare l'ascella dall'amico gay arrapato (!).