Drammatico, Recensione

SALTO NEL VUOTO

TRAMA

Un giudice convive con una sorella depressa, in preda a crisi di follia, che non sopporta più: le presenta l’imputato su cui sta indagando, un artista che avrebbe spinto una donna al suicidio.

RECENSIONI

Opera in stato depresso, da pre-suicidio: analisi socio-psicologica e condanna della follia repressa nell’uomo borghese maschilista, incapace di esprimere i propri sentimenti, masochistico nei rapporti personali incentrati sull’ossimoro odio-amore, vigliacco di fronte alla Vita, ingabbiato nelle proprie pignolerie e sicurezze (la giustizia), voyeur meschino e isolato (magnifico, in questo senso, il brano dei ladri in casa lasciati indisturbati). Come contraltare pasoliniano, ecco l’insania dell’artista, libero di agire come pensa, di vivere all’aperto, non barricato in casa. Il personaggio di Anouk Aimée (la sorella del giudice) ritrova la felicità nel momento in cui si lascia alle spalle la morale cattolica (borghese) e trova l’affetto, per quanto effimero, in quello dell’attore/artista interpretato da Michele Placido, un altro archetipo all’estremo, per questo imperfetto. Quando Michel Piccoli si aggira irrequieto per casa, vivendo i silenzi del proprio deserto esistenziale, non può non venire in mente Dillinger è Morto. Marco Bellocchio (David di Donatello per la regia) pennella il tutto con vigore, non esente purtroppo da alcune lacunosità figlie della presunzione intellettuale, ma con la magnificenza di un’affascinante ricerca linguistica fatta di allegorie, lievi onirismi (i bambini che si aggirano per casa come folletti nella notte: metro della sanità mentale dell’uomo), vuoti comunicativi antonioniani, caustica ferreriana, bressoniano spessore della fissità di sguardo, bellocchiani squallore/conforto della pazzia e scatti nervosi nella finta quiete. Nel salto nel vuoto c’è la ribellione conclusiva, dopo aver levato I Pugni in Tasca, contro l’istituzione-famiglia, contro la prigione che l’essere umano costruisce intorno a sé. Suadenti, insieme inquietanti, mordaci e surreali, le musiche di Nicola Piovani.