Horror

28 SETTIMANE DOPO

Titolo Originale28 weeks later
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione2007
Genere
Durata99'
Fotografia

TRAMA

28 settimane dopo gli eventi del primo film, l’epidemia di “rabbia” sembra debellata e l’Inghilterra, sotto la guida di forze Nato capitanate dagli Stati Uniti,  sul punto di tornare alla normalità …

RECENSIONI

La prima, bellissima sequenza dell’assalto degli infetti alla fattoria è girata da Danny Boyle e, verrebbe da aggiungere, “si vede”, se non fossimo consapevoli che l’averlo saputo prima della visione non depone a favore della lucidità del giudizio. E’ però un fatto che quel prologo è talmente perfetto e compiuto da presentarsi come una sorta di “corto”, dotato di una sua precisa autonomia narrativa: un piccolo gioiello di tensione cinematografica che riesce, in pochi minuti, a dare corpo ai personaggi, a tuffarli nell’incubo e a farne esplodere le debolezze che si tramutano in tragedia e che reggono, da sole, gran parte dell’impalcatura drammatica del film. E’ sull’inerzia di quel terribile abbandono iniziale, infatti, che si dipanano i principali snodi narrativi (il La alla nuova infezione è dato dal bacio tra i “coniugi perduti e ritrovati”) e si edificano i picchi emotivi del film (il falso racconto del padre ai figli, la scoperta della terribile verità, l’ambiguità dei loro incontri post-infezione). Non solo: l’incipit setta anche i canoni estetici di 28 Settimane dopo, linkandolo pesantemente al prototipo così da stabilire un family feeling (macchina a mano, montaggio subliminale) e insieme fissare, anche a livello puramente visivo, il pregio migliore della bi-logia, ossia la capacità di far convivere un’anima di genere/i (horror, catastrofico) con un’attenzione al lato psicologico e umano della vicenda non “per sentito dire”; il mobilissimo Primo Piano di Carlyle che fugge disperato dopo aver abbandonato la moglie al suo destino, infatti, convive splendidamente nella stessa inquadratura col Campo Lungo “action/horror” dei velocissimi infetti che lo stanno per raggiungere. Fresnadillo, regista del bell’Intacto, non riesce a ricreare l’intensità di questi primi minuti ma gira comunque un film solidissimo, sostanzialmente privo di cali di tensione e sempre coerente e credibile nelle sue dinamiche interne; merito anche di una sceneggiatura attenta a non sbracare, assai curata nei dialoghi, perdonabile quando cerca con eccessiva pervicacia gli incastri che le servono (le “riunioni di famiglia” post-pandemia) e realmente criticabile solo per un finale pleonastico che si/ci poteva tranquillamente risparmiare.