TRAMA
Manhattan: in attesa del terzo figlio, la moglie d’uno scrittore fantastica di trovarsi in situazioni bizzarre.
RECENSIONI
Di grida "voglio la libertà" (fuori dal box di sabbia dei bambini nel parco) il cinema di Irvin Kershner è pieno ma, stavolta, il regista ribalta il punto di vista maschile dei precedenti Loving e Una Splendida Canaglia, prendendo a eroina una madre e una buona moglie, che sfoga la propria frustrazione e la poca autostima con eccentrici e divertenti sogni d'evasione: zittisce Fidel Castro che incita le donne al "femminismo armato" (e scopre che nasconde un paio di mammelle!), partecipa alla "causa nera" sabotando la Statua della Libertà, visita una tribù africana di guerriere (una sequenza girata da Andrew Marton), vede il proprio seno gonfiarsi per sedurre il marito, sogna l'aborto e così via. Lo sceneggiatore premio Pulitzer Paul Zindel, mentre fa sfilare a livello onirico i temi di moda sulla coscienza politica, sull'autodeterminazione femminile attraverso un impegno nel sociale, rimarca l'importanza, per una donna, d'essere madre, di trovare la dignità assomigliando più a se stessa che non al maschio al potere. Kershner è esperto di commedie drammatiche, di naturalismo che passa con disinvoltura nel fantastico, ma non possiede il talento figurativo ed allegorico necessario per far lievitare e rendere più intrigante la materia. Il Richard Lester di Petulia avrebbe fatto faville. Non sarebbe stata una cattiva idea, inoltre, rendere maggiormente ambigui i passaggi dalla realtà al sogno.