TRAMA
1913, Montana: la famiglia Ludlow, proprietaria di un ranch, è formata da padre e tre figli maschi. Giunge la bella Susannah, promessa sposa del più giovane che, però, parte per la guerra e muore. Inizia la competizione fra gli altri due per conquistarla, ma Susannah sceglie Tristan, affascinante e selvaggio.
RECENSIONI
Come se una brezza pulp attraversasse la saga familiare alla Via col Vento (che il titolo italiano richiama, non a torto). Un atto coraggioso molto probabilmente involontario: né la regia epica-kolossale di Edward Zwick (che privilegia gli spazi aperti, le scene dove ostentare grandi emozioni e sentimenti, per uno spettacolo vecchio stile) né la macchinosa, se non effettistica/fumettistica sceneggiatura di Susan Shilliday e Bill Wittliff (che adatta una novella di Jim Harrison pubblicata su Esquire) sembrano rendersi conto della piega troppista che prende la pellicola. Gli ingredienti sono tutti trascinanti: dal personaggio di Tristan, “libero e selvaggio”, attratto dalla cultura dei nativi americani e con chiari richiami al James Dean de Il Gigante (un Brad Pitt che lo stesso Zwick “scoprì” nella sua serie televisiva “In famiglia e con gli amici”), a quello commovente di un’affascinante Julia Ormond sfortunata in amore (Tristan e Isotta?), dall’originale impronta anarchica del testo, contro le regole del Sistema e contro il governo corrotto, colpevole del genocidio dei nativi e ipocritamente antiproibizionista, all’esaltazione donata dalle scene con vendetta, rivincite e riabbracci. L’opera, sempre più invasata da un accumulo impossibile di tragedie nello spettro che potrebbe andare da Quentin Tarantino a Raffaele Matarazzo, paradossalmente colpisce nel segno nel suo incosciente (in tutti i sensi) mix di drammatica aderenza realistica (Matarazzo) e straniamento per ridondanza (Tarantino). Un meritato Oscar alla fotografia di John Toll.