Commedia

TUTTO TUTTO NIENTE NIENTE

TRAMA

La scena politica italiana nel 2012: Cetto La Qualunque deve affrontare una grave crisi d’identità politica e d’identità sessuale; Rodolfo Favaretto, leghista secessionista, sfrutta l’immigrazione clandestina; Frengo Stoppato è l’uomo nuovo dei cattolici.

RECENSIONI

Improba fatica, recensire il nulla cinematografico di questo prodotto realizzato attorno all’accattivante talento di Antonio Albanese.
Egli si fa in tre, a incarnare – almeno nelle intenzioni – diverse facce di quell’Italia mediocre, rampante e delinquente che, proprio in quanto tale, viene selezionata dagli oscuri vertici del potere politico (un “sottosegretario” interpretato, con espressione perennemente oscillante fra il depresso e il disgustato, da Fabrizio Bentivoglio) per rappresentare in Parlamento il popolo sovrano. Polemica di sicura presa, sebbene di angusta, cronachistica prospettiva.
Di tale intento, però, nella realizzazione pratica resta ben poco. I figuri di cui Albanese veste i panni e assume le fattezze – efficacemente, con la ben nota capacità mimetica e l’estro da teatrante che lo rendono irresistibilmente simpatico ai più – sono a mala pena delle macchiette; anche il più noto dei tre, il politico siciliano Cetto La Qualunque, che perfino nel sonnolento contesto fabiofaziesco riusciva a scoccare lampi di autentica ferocia politica, qui è svilito in una serie di gag ove a imporsi è soprattutto l’ammiccante grevità dell’eloquio. Quanto alla satira di costume, siamo ai termini minimi della canzonatura dei nuovi ricchi, ignoranti esibizionisti e cafoni, dei maschi sciocchi ossessionati dalla virilità, del secessionista padano tonto e cornuto. Né può dirsi che l’ambizione politica del film venga in qualche modo nutrita dalla scelta di ambientare la storia in un habitat surreale, con orrendi abbigliamenti, ancor più orrende parrucche e improbabili interni a raffigurare aule parlamentari o abitazioni private.

La povertà d’ispirazione non è compensata dalla struttura diegetica, che ripete ad infinitum il medesimo schema: una corriva giustapposizione, in montaggio alternato, di micro-sketch di breve o brevissima durata (fino a pochi secondi) aventi a protagonisti i tre eroi albanesiani e l’apprendista stregone che li ha scelti credendo di poterli manovrare a piacimento. Siffatta polverizzazione del racconto, già miserrimo in sé, non è in grado di imprimere tensione alcuna alla vicenda, e finisce con l’inibire ogni residua volontà di partecipazione dello spettatore.
Una non-sceneggiatura annegata in un non-cinema, pessimo regalo di Natale persino per il pubblico italiota.