Recensione, Sentimentale, Thriller

THE TOURIST

TRAMA

Parigi: Elise Ward, sorvegliata dall’Interpol per conto del reparto Crimini Finanziari di Scotland Yard, deve incontrare l’amato e ricercato Alexander Pearce, di cui non si conosce il vero volto. Per confondere i segugi, seduce un uomo qualsiasi sul treno e lo porta con sé in una suite a Venezia.

RECENSIONI

Le prime scene di “sorveglianza speciale” sono l’unico link possibile con Le Vite degli Altri: questo Intrigo Internazionale che traduce l’Anthony Zimmer di Jérome Salle (2005) nei più mercantili e ritriti canoni hollywoodiani non conserva alcun pregio della precedente opera del regista rivelando, altresì, tutti i limiti di un autore che non sa maneggiare i tempi della commedia, miscelare i registri, pennellare tocchi di classe (non funzionano il Giano bifronte e la sigaretta ad acqua; solo l’“I love you” silente), di glamour (la direzione dei figuranti rapiti dalla Jolie!) o romantici (il ballo Jolie/Depp). Un thriller Frantic che confonde tensione e ironia, una commedia sentimentale e d’azione priva di leggerezza, una comicità imbarazzante in stile La Pantera Rosa (le scene con Frassica e Marcoré): il ridicolo involontario nasce dall’aderenza realistica che passa senza soluzione di continuità, ad esempio, al superomismo 007iano (vedi il villain di Berkoff platealmente crudele o la fuga di Depp sotto il naso di Bettany) o alla favola da Vacanze Romane (il lieto fine con Timothy Dalton che benedice i fuggiaschi), denudando tutti i meccanismi ammiccanti della regia, comprese le insistite vedute aeree di Venezia e l’eccedenza di violini. Henckel Von Donnersmarck, in realtà, punta tutto sulla tensione erotica fra i due protagonisti, ma si gioca il film nella fondamentale scena del loro incontro sul treno, facendo recitare Angelina Jolie come una femme fatale troppo consapevole del proprio fascino. La scintilla non scatta, ma tutte le scene a seguire si comporteranno come se ci fosse stata, contando su un inesistente effetto di amore trattenuto. Il colpo di grazia (come nell’originale di Salle) lo dà il coup de théatre finale (pure prevedibile) che, rimettendo tutto in discussione, non regge il rewind consapevole, rendendo manifesti anche alcuni inganni ai danni dello spettatore (il sogno erotico di Depp e tutte le volte che quest’ultimo, anche solo, continua a “recitare”).

Florian Henckel von Donnersmarck dichiarava di partire da una forte ispirazione hitchcockiana, soprattutto sul piano estetico e delle atmosfere. Per questo ha disseminato nel suo secondo film lusso ed eleganza, abiti di seta nella bellezza d'altri tempi della Laguna. Viene però il sospetto che il regista abbia un concetto grossolano e puerile dell'essenza di quel cinema che giustamente tanto ammira. Certo è che nel suo lavoro non se ne scorge l'ombra. The tourist è un compitino senza sale, un desiderio che non si sa realizzare. Le parole classe, spionaggio, gioco sentimentale cadono inerti sul copione e lì restano, immobili. La Jolie cammina da diva vestita da diva, col risultato di apparire del tutto inespressiva per l'intero film. Il regista non ne valorizza la bellezza con gli strumenti della fotografia e della luce, ma semplicemente imponendo all'intero cast di voltarsi a guardarla ogni qualvolta mette piede in una stanza. L'effetto è la saturazione, quando non il ridicolo, in ogni caso niente che che si avvicini allo charme che emanavano Grace Kelly e Kim Novack quando impreziosivano ed erano impreziosite da solidissime pellicole. Depp ne esce molto peggio, tanto che viene da pensare ad un consapevole sgambetto ai suoi danni. Penalizzato dalla peggior acconciatura della sua vita artistica e dal personaggio più loffio della sua carriera, soccombe imbolsito ad un pigiama a righe e ad un ruolo anodino. E' la prova evidente non solo della pochezza della sceneggiatura, ma anche della profonda inadeguatezza di Depp ad alcuni ruoli, constatazione (non nuova) che ridimensiona un attore - sia detto con stima - nell'ultimo decennio francamente sopravvalutato. Von Donnersmarck ne ha ammazzato il fascino riservandogli i panni a lui meno adatti, quelli dell'uomo comune; evidentemente nessuno gli ha fatto notare che Depp è molte cose, ma di certo non è né Cary Grant né James Stewart. A parziale discolpa delle due star va però sottolineato in primo luogo che sono stati chiamati, per loro disgrazia, ad incarnare due personaggi inesistenti: non monodimensionali, non fragili, realmente assenti nel lavoro di sceneggiatura. A sancire il fallimento arriva poi un finale totalmente incoerente con quanto visto nell'intera durata del film e che rende dissonante ogni singola espressione facciale e reazione di Depp durante la pellicola. Uno di quei finali, insomma, che anziché far combaciare i tasselli pensando a ritroso, zoppica da entrambe le gambe. E il sacrificio della coerenza non genera neppure un effetto sorpresa degno dell'operazione. The tourist, oltre a non poter contare su un intreccio solido e su psicologie minimamente abbozzate, non è mai sufficientemente drammatico né appassionato. Almeno per lo spettatore italiano, poi, i camei futili ma simpatici di molti attori nostrani, che approfittano dell'occasione per una passerella internazionale, smorzano ulteriormente la tensione e distraggono.