Netflix, Recensione, Thriller

THE KILLER

TRAMA

Il killer attende la sua vittima in una stanza buia di Parigi: ci racconta del suo metodo e del suo credo. Quando arriva il bersaglio, lo manca e uccide una prostituta. Fugge a casa, a Santo Domingo, e rinviene la sua donna malmenata. Si mette sulle tracce dei sicari, arrivando all’avvocato che gli procura gli ingaggi.

RECENSIONI

Tratto dalla bande dessinée “Le Tueur” di Matz (scrittore) e Luc Jacamon (illustratore), saga in 13 volumi pubblicata dal 1998 al 2014 (con coda di ulteriori 5 capitoli, dal 2020 al 2023). L’idea forte del soggetto, il colloquio interiore dell’assassino a pagamento, deve molto, in realtà, al dimenticato Diary of a Hitman del 1991 (riedito, poi, come Diario di un Killer), unica regia dell’insegnante di recitazione Roy London basata sul dramma teatrale “Insider's Price” di Kenneth Pressman, da quest’ultimo esteso in sede di sceneggiatura per andare oltre i 45 minuti dell’originale. A prescindere, David Fincher fa proprio il materiale tornando all’Andrew Kevin Walker di Seven (Brad Pitt, prima scelta, ha rifiutato un ruolo che riteneva troppo nichilista: Fassbender, invece, era proprio alla ricerca di una parte alla Frank Costello Faccia d'Angelo), che divide il racconto in capitoli e città e ha l’idea ammiccante/cinefila degli alias da varie sitcom televisive: se, all’interno di una struttura di genere (un film alla Liam Neeson), la griffe del cinema di Fincher è riconoscibile sin dagli elaborati titoli di testa, per la cura cromatica (giallo-verde), la maestria coreografica (danze della mdp, del montaggio e, su tutte, la colluttazione a Miami con “il bruto”, degna di La Promessa dell’Assassino) e il commento sonoro (l’ascolto ossessivo degli Smiths, idea sua e di Trent Reznor), l’anomalia che si specchia con il suo percorso autorale risiede in questo Io narrante che, mentre giustifica lo status da antieroe del protagonista nel nome di una coerenza “filosofica”, di sguardo sul mondo, la rinnega nel momento in cui la sicumera non si specchia nelle azioni. In questo senso, il prologo è magnifico: il killer recita il proprio credo ma, per quanto preciso, il metodo non funziona e chiama contraddizioni in crescita esponenziale. I capisaldi del suo mantra (‘Attieniti al piano. Anticipa, non improvvisare. Combatti solo la battaglia che sei pagato per combattere. Non fidarti di nessuno.’) sono smantellati uno a uno e, allora, il film rientra nelle opere morali di Fincher, incastonate negli amati giochi spietati con apparenze e lucidità anaffettive, fino alla presa di coscienza (fallace) di sé.