TRAMA
Dopo la morte di Superman, l’agente governativo Amanda Waller assembla una squadra di criminali. Una delle reclute, però, la Dottoressa June Moone, viene posseduta da una strega che decide di sterminare l’umanità.
RECENSIONI
I cinecomics sono anche (stati?) un fenomeno interessante ma ora, forse, stiamo esagerando. Nel senso che la densità delle uscite è a livelli di saturazione e, una volta capito come funzionano i giocattoloni con la loro proliferazione tentacolare, i motivi di interesse sono sempre meno. Ora che anche la DC si è gettata con continuità nell'agone che sembrava monopolizzato dalla Marvel, la situazione pare destinata a precipitare. Dopo l'esiziale Batman V Superman, infatti, film che peggiora ogni volta che lo si ripensa (rivederlo non è cosa), questo Suicide Squad sembra settare nuovi standard di imbarazzo. Non che sia un film tecnicamente inguardabile, perché alla fine un minimo sindacale di piacere della visione glielo si può anche riconoscere. E' proprio imbarazzante.
L'intento abbastanza evidente sembra quello di partire da The Dirty Dozen per poi emulare le uscite divergenti Marvel come Guardiani della Galassia e Deadpool, fallendo nella ricerca sia della spiritosa leggerezza del primo che della genuina cattiveria del secondo. Suicide Squad, infatti, non è divertente né dissacrante ma risulta, semplicemente, un'innocua stronzata 'per tutta la famiglia', famiglia di bocca buonissima e priva di senso critico. Quello che fa David Ayer, infatti, è (cercare di) ottenere degli effetti con mezzi grossolani e risaputi. Prendiamo la prima parte. La presentazione dei personaggi non è che un'accozzaglia di trailer alla disperata ricerca di coolness, costruita su inquadrature e movimenti di macchina pomposi con frasi a effetto e contorno di didascalie ironiche. Robaccia stravista un milione di volte che per cinque minuti funziona anche ma che quando il minutaggio va sulla quarantina diventa poco sostenibile. Non aiuta una colonna sonora talmente ruffiana da non meritare ulteriori commenti, con Eminem, Creedence Clearwater Revival e White Stripes usati esattamente come ti aspetti. Insomma, c'è anche Seven nation army, di cosa stiamo parlando?
La cosa buffa è che il film riesce a sbandare anche in queste sue meccaniche elementari, perché alcuni personaggi godono di un trattamento di favore rispetto ad altri, sui quali ci si sofferma meno e in modo del tutto approssimativo. Al momento in cui l'azione dovrebbe prendere il sopravvento le cose, imprevedibilmente, peggiorano. La regia si adagia su un'anonimia esemplare quanto inerte e quella che una volta si chiamava trama è insulsa e confusa allo stesso tempo, mortificata da passaggi lacunosi e montaggio arbitrario. Alcuni degli ipotetici snodi chiave della sceneggiatura, poi, vengono presentati come dati di fatto, senza che si sia fatto alcunché per costruire un percorso. In che modo, ad esempio, la suicide squad diventa una famiglia? Da dove nasce l'attaccamento, lo spirito di alleanza che trasforma i delinquenti compagni di (s)ventura in amici fraterni pronti a morire l'uno per l'altro? Non si sa. Così come non si capisce neanche il grado zero della narrazione, visto che i cattivi (principali, non gli scagnozzi/mostriciattoli senza arte né parte) sono due semidivinità onnipotenti contro le quali non si trova di meglio che mandare allo sbaraglio una combriccola di disgraziati dei quali uno ha buona mira (Will Smith crede ancora di essere in MIB), un altro nuota bene, un'altra (la fidanzata di Marilyn Manson / Joker) sghignazza e sculetta armata di mazza da baseball e uno tira di boomerang, neanche tanto bene. L'unico super-cattivo-buono degno di questo nome è, alla fine, El Diablo, che di punto in bianco si trasforma, anche lui, in un semidio (perché?). Boh.
Ma davvero, enumerare i difetti di ‘sto pasticciaccio brutto è noioso e inutile come il pasticciaccio brutto stesso, chiudiamola qui constatando che la DC post-Nolan (a anche lì ci sarebbe da discutere) non ne sta azzeccando mezza. Ma non si fermerà.
La Suicide Squad è il classico anticorpo ai supereroi in prima fila generato dalla stessa casa di produzione (sulla scia della Marvel che, al cinema, ha sfornato Guardiani della Galassia e Deadpool): nata nel 1969 nella serie a fumetti “The Brave and the Bold”, ha acquisito notorietà su carta stampata solo negli anni ottanta. Già apparsa nei serial Smallville e Arrow, ha sempre mutato membri del team: David Ayer, probabilmente scelto per le sue sporche dozzine (Fury), ha opzionato quelli che amava di più ma resta vittima, come il coevo Batman V Superman, del virus della DC Comics al cinema, che si manifesta con i difetti madornali di ciò che rimane della scrittura una volta finiti ripensamenti, montaggio, compromessi e ingiunzioni (al director’s cut di Ayer sono stati imposti un tono meno dark, tagli, scene aggiuntive e un montaggio affidato agli autori del trailer). Infatti, sembra di trovarsi di fronte a un maldestro taglia-e-cuci di un montato di 4 ore: la prima parte è schematica e/ma confusa, presenta in modo schizofrenico i componenti della squadra, dedicando più tempo a qualcuno (d’obbligo Will Smith: il background nel rapporto con figlia è un suo marchio di fabbrica) e dimenticando altri (Boomerang). Per accorciamenti senza accorgimenti, tutto accade in modo talmente accelerato che la successione logica degli eventi impazzisce: Amanda Waller ottiene il “via” dal Pentagono → deve ancora convincere i criminali a unirsi alla squadra → il colonnello la contesta per un progetto già approvato → sono tutti in squadra. Né possono funzionare coinvolgimento e sospensione dell’incredulità, eppure la messinscena prosegue ammiccando smargiassa, a specchio di tipi asociali che sono affiatati dopo pochi secondi, con massiccio uso di canzoni note (legate a ogni personaggio, almeno finché lo schema non si rompe senza motivo). La seconda parte, con trama oltremodo lineare che para in un grattacielo con scariche elettriche da Highlander o Ghostbusters, funziona meglio, non tanto per gli effetti speciali (pochi) e l’azione (niente di esaltante) ma perché sono meglio delineati i personaggi: quello di Will Smith (Deadshot) che beneficia della sua ironia cinica con cuore, quello di Jared Leto, Joker con look ispirato a David Bowie che ben gareggia con illustri predecessori e, soprattutto, quello che vale il film, la pazzerella Harley Quinn di Margot Robbie.