TRAMA
Se ne va una mattina presto Clarisse. Non sappiamo dove, non sappiamo perché. Davanti la strada, dietro due figli e un marito a cui tocca trovare le parole per dire l’assenza. Marc prepara un’altra colazione e cerca un senso per aiutare i ragazzi a continuare. Lucie col suo piano, Paul con le sue domande.
RECENSIONI
Partendo dalla pièce Je reviens de loin, Mathieu Amalric gira un film composito che costruisce, pezzo per pezzo, frammento per frammento - facendone il mosaico cangiante di un dolore -, il racconto di una difficile elaborazione del lutto, un percorso tormentato che passa attraverso tempi diversi e diversi livelli di realtà e immaginazione. Perché quella che sembra iniziare come la storia di una donna che lascia la sua casa - marito e bambini, compresi - si rivela (quasi subito, va detto) un puzzle spurio in cui presente, ricordo, ipotesi di futuro si intrecciano indissolubilmente. Non avere urgenze di decodifica di ciò che va a raccontare e il muoversi disinvolto tra dimensioni narrative alternative (anche confliggenti) sono da sempre qualità dell'Amalric autore, qui squadernate per comporre un collage umorale, fatto di ritagli emotivi accostati, complice l’uso sensoriale della macchina da presa. Il regista propone sempre allo spettatore un itinerario non convenzionale, in cui il racconto si biforca e le prospettive possono magicamente cambiare, stando a chi guarda l’orientarsi nel piano dell’opera o, semplicemente, lasciarsi andare al flusso delle immagini. Un programma artistico giustamente ambizioso, anche coraggioso, che a volte ha esiti felicissimi (il precedente Barbara, il suo titolo migliore, un biopic sui generis), a volte più cervellotici e meno immediati. Come in questo caso, perché se da un lato il discorso del regista è molto chiaro - nel suo confondere le coordinate, muoversi su più livelli, tra storia possibile e impossibile, veglia e orinismo, fatti e what if -, dall’altra parte a questa lucidità di intenti fa riscontro una certa distanza, una coscienza intellettuale che raffredda una materia vibrante, viva, pulsante. E che invece, declinata su tale ventaglio di possibilità, si converte meccanicamente in un tour de force interiore a tratti estenuante.