TRAMA
La Resistenza, braccata dal Primo Ordine, sta evacuando la base di D’Qar mentre Rey, su Anch-To, cerca di convincere Luke Skywalker ad addestrarla e ad unirsi a lei/loro per sconfiggere Snoke.
RECENSIONI
Si può dissacrare senza farsene (quasi) accorgere? Si può riflettere autoironicamente sulla propria pesante mitologia senza diventare pura progettualità metaestetica e senza mandare tutto in vacca? Si può destrutturare senza distruggere? Si può smontare Il giocattolo senza romperlo? Rian Johnson (bellissimo il suo Looper) ha preso La Saga per antonomasia e ha avuto il coraggio di dire ai vecchi fan che forse, sì, in questi anni si sono presi troppo sul serio. O che semplicemente è giunto il momento di crescere, andare a vivere da soli, trovarsi un lavoro e farsi una vita. Che è l’ora di (fingere di) rottamare i vecchi Jedi e il vecchio concetto di Forza. Che, insomma, si può anche scherzare coi santi senza mancare loro di rispetto.
Ma andiamo con ordine. Il Risveglio della Forza era un clamoroso calco di Una Nuova Speranza: bastava sostituire Luke con Rey, il pianeta Tatooine con Jakku, R2D2 con BB8, l’Impero col Primo Ordine, la Resistenza con la Ribellione, Obi-Wan Kenobi con Lars San Tekka, i piani della Morte Nera con la mappa per trovare Luke, la Morte Nera con la base Starkiller, Han Solo con Han Solo, Chewbacca con Chewbacca, il Millennium Falcon col Millennium Falcon e Darth Vader con Kylo Ren per ottenere, con ottima approssimazione, lo stesso film di 38 anni prima. Non siamo ai quei livelli mimetici ma a Gli Ultimi Jedi manca davvero poco per essere il nuovo Impero Colpisce Ancora. La sezione chiave del film, in questo senso, è quella dell’isola sperduta su Anch-To/Dagobah in cui il Grande Maestro Jedi Skywalker/Yoda, autoesliato(si), si ritrova, controvoglia, ad addestrare la/il giovane e irruenta/o apprendista Rey/Skywalker (che si addentra in un luogo oscuro per ritrovare se stessa/o). E’ un evidente passaggio di consegna: nel 1980 eravamo il giovane Skywalker, desiderosi di intraprendere le vie della Forza, oggi avremmo voluto essere la giovane Rey ma il nostro maestro, l’ormai disilluso allievo dell’epoca, non è un nuovo Yoda. Non consacra il mito dei Jedi. Anzi, lo dissacra. Ci fa passare la voglia, ci dissuade, fa crollare la concentrazione di Midi-chlorian. La Storia dei Jedi non è questa gan cosa, dice Luke, è costellata di fallimenti. Yoda, di nuovo – finalmente – pupazzo, rincara apparentemente la dose fulminando il tempio dei Jedi e distruggendo la bibliografia di riferimento, come se fosse ormai inutile paccottiglia (paccottiglia che però, scopriremo poi, Rey ha trafugato e nascosto nel Millennium Falcon).
E’ così? Sì e no. Perché in realtà, Yoda getta uno sguardo sì disilluso ma adulto e propositivo sul mondo della Forza e dei Jedi. Si permette di scherzarci su ma non ci scherza fino in fondo: è inutile rimanere legati a vecchi libri/film polverosi, ci dice, l’essenziale ci è chiaro, lo sappiamo già. Apriamo gli occhi e guardiamo avanti. Al futuro della Saga, cioè, e facciamolo senza santi da pregare. Tutto il film, a guardar bene, si dipana lungo queste linee guida indicate dall’ UberMaestro: disinnesco e reinnesco, in nome di una nuova consapevolezza. 1977-2017: Affinità-divergenze fra i vecchi compagni Jedi e noi - Del conseguimento della maggiore età, insomma. O qualcosa del genere.
Il film dialoga continuamente col suo spettatore/fan (più o meno) devoto, gli strizza l’occhio, ne condivide le recenti perplessità (Soke che dice a Kylo Ren di togliersi quella ridicola maschera e gli rinfaccia di essersi fatto sconfiggere da una ragazzina che impugnava la spada laser per la prima volta), ne stuzzica i ricordi nerd (la citazione da Hardware Wars), tematizza il fan service rendendolo (forzatamente) organico alla narrazione (R2-D2 che proietta il vecchio ologramma di Leia per convincere Luke) e non si dimentica di intrattenerlo né di stupirlo continuamente; la sequenza iniziale setta lo standard di una perfetta spettacolarità digitale declinata all’analogico (ancora meglio dell’Episodio VII di Abrams, l’VIII sembra – registicamente e “graficamente” parlando - il remaster fedele ma magnificato della vecchia trilogia), quella pre-finale sul pianeta Crait cita – di nuovo – L’impero Colpisce Ancora, col sale al posto della neve di Hoth e dei minerali/cristalli rossi che sottolineano in sovraimpressione profilmica il riferimento. Il Falcon, sul quale si parla di nuovo di parsec, torna a fare quello che sa fare meglio (i salvataggi all’ultimo minuto stile arrivano i nostri), alcuni personaggi sono protagonisti di inattesi detour e rimarcano la perdita di innocenza dell’universo Star Wars (DJ, che prima apre gli occhi a Finn e Rose sulla realtà del traffico di armi bipartisan e poi li/ci tradisce senza appello, lo stesso Kylo che sembra replicare il percorso di redenzione di Anakin, uccisione dell’imperatore compresa, ma rimane – per adesso - oscuro) mentre l’ologramma spirituale di Skywalker che (non) duella con Kylo Ren sabota l’ipotesi di un epico duello ol’ skool, deludendo aspettative che vanno nuovamente ripensate e re-indirizzate guardando avanti, con inattesa e insperata soddisfazione.
Quando però l’Ultimo Jedi si dissolve e rimane una tunica svolazzante, il bambino chiama la scopa a sé, la impugna a mo’ di Light Saber, guarda in cielo un’astronave (il Falcon?) / Stella Cometa che gli indica la Strada e ci mostra l’anello della Resistenza. La Forza e i Jedi (non) sono morti, dopotutto. Viva la Forza e i Jedi.