TRAMA
Incastrato da un terrorista, l’agente speciale Lance Sterling, per provare la propria innocenza, chiede, controvoglia, l’aiuto di Walter Beckett, giovane scienziato che preferisce combattere il crimine con armi non letali. Per errore Lance assume un composto sperimentale che lo trasforma in un piccione. Dovrà quindi continuare la missione nella sua nuova forma, aiutato da insospettabili ma non affatto inadeguati compagni.
RECENSIONI
A pochi mesi dall'uscita dell'ultimo 007 (prima di un ennesimo ed inevitabile reboot) arriva nelle sale il nuovo cartoon targato Blue Sky: più che una parodia di genere, un omaggio dichiarato, ibridato col più classico dei family movie con al centro la coppia improbabile di turno. Lo spunto è tratto dal divertente cortometraggio - sempre animato - Pigeon:Impossible (2009), che i registi Nick Bruno e Troy Quane (animatori di formazione) reimmaginano secondo un twist tanto geniale quanto strampalato: il piccione diventa il camouflage perfetto per una spia che vuole passare inosservata. Il talentuoso e presuntuoso agente Sterling è di tutt'altro avviso, anche perché la mutazione è sperimentale e frutto di un incidente; ma, come sempre accade in questo tipo di film (Le Follie dell'Imperatore, Koda Fratello Orso, La Principessa e il Ranocchio, Ribelle), è proprio la nuova forma il tramite dell'immancabile trasformazione interiore e, grazie ad essa, l'inadeguatezza del vestire un corpo diverso dal proprio diventa il veicolo di buona parte della comicità del film che però, in questo caso, regala gag spesso puerili, il linea col target infantile a cui è rivolto. Altri pretesti comici nascono dalla totale incompatibilità caratteriale di Sterling con Walter, precoce genio della scienza, sbeffeggiato dai suoi colleghi per la visione, a loro dire, piuttosto naive che ha della lotta contro il crimine: le armi classiche e mortali scatenano violenza, da cui non può che scaturire altra violenza; in alternativa il ragazzo propone, tra le tante cose, bombe di glitter o video di gattini per distrarre i cattivi e unicorni gonfiabili per immobilizzarli. L'idea che l'eroe non si macchi del sangue dei propri nemici funziona in molti classici Disney, dove l'eventuale morte del villain è dovuta alle sue azioni sconsiderate che gli si ritorcono contro (un esempio su tutti, Scar, divorato dalle iene sue alleate); qui il diverso contesto e il tono in bilico tra il moraleggiante e lo scanzonato compromettono il messaggio che, dietro le iperboliche e assurde trovate, per quanto interessante, audace ed edificante, rischia di non passare o, peggio, di non essere preso sul serio.
Sul versante tecnico si percepisce l'esperienza ormai decennale dei Blue Sky Studios - ora di proprietà della Disney che li ha assorbiti in seguito all'acquisto della 20th Century Fox (ribattezzata ora 20th Century Studio) - che già in passato aveva portato al cinema pennuti parlanti con Rio e Rio 2, con i quali Spie Sotto Copertura condivide un character design interessante che si distingue tra i tanti prodotti presenti sul mercato, e un'ottima animazione a metà tra lo stile Disney-Pixar e quello più cartoon della Sony. Le aeree coreografie lasciano spazio a esplosive scene action che, con una curatissima fotografia e spassosi ralenti, omaggiano alla perfezione il genere della spy comedy. In particolare si fanno notare il mirabolante inseguimento in una Venezia – come da tradizione – invasa da piccioni e gli stilizzati titoli di testa che, sulle note di “Then There Were Two” di Mark Ronson e Anderson Paak, omaggiano le iconiche intro dei film di 007. Il medium animato permette non solo di ricrearne il tipico look and feel (del resto tutti gli opening credits degli ultimi Bond movies ricorrono a moltissima CGI) ma di potenziarne gli effetti, ricorrendo a delle silhouette che si ispirano allo stile grafico del celebre illustratore statunitense Saul Bass. Insomma, si tratta di un tentativo lodevole di mescolare il rodato intrattenimento per famiglie con un genere più per adulti, sulla scia di quanto fatto dalla Pixar con Gli Incredibili, dove i supereroi diventano il pretesto per raccontare la quotidianità. Qui l'esperimento riesce solo a metà a causa dell'ingombrante peso di una didascalica morale fuori tono che, invece di stimolare la riflessione, sembra quasi una beffa, facendo del film un'occasione mancata.
