Thriller

SEX CRIMES

Titolo OriginaleWild Things
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1998
Genere
Durata111'

TRAMA

Blue Bay. Il professor Lombardo viene processato in seguito alle accuse di stupro mossegli da un’allieva, figlia di una sua antica fiamma. L’uomo è assolto, perché in tribunale la ragazza dichiara di avere mentito, ma…

RECENSIONI

Contaminare: più che una strategia formale, un'ossessione, per John McNaughton. Il suo esordio, Henry - Pioggia di sangue, che nonostante gli alti lai di Nanni Moretti rimane un punto fermo del sottogenere "serial killer", mescolava con abilità horror e documentario; fra le opere successive, non possiamo dimenticare il garbato Lo sbirro, il boss e la bionda, commediola un po' fatua ma adeguatamente spruzzata di thriller. Questa volta, alle prese con una storia che è un susseguirsi di colpi di scena a mitraglietta, non poteva che incrementare esponenzialmente le sovrapposizioni, più o meno scontate, dei diversi generi cinematografici. L'incipit è puro Hitchcock in un contesto da college movie, in cui ogni cosa (animata o no) è tanto finta da sembrare di plastica: un uomo tenta di dimostrare la propria innocenza per non diventare il capro espiatorio di una high society scintillante, potente e corrotta. Attraverso il doppio binario dell'indagine (poliziesco paratelevisivo all'americana, con tanto di ispettore coadiuvato da collega di colore) e del processo (con un occhio al legal thriller imposto da Grisham e pedissequamente ripreso da Hollywood), si approda ad una soluzione provvisoria, solo il punto di partenza di un rompicapo diabolico, i cui pezzi finiranno per combaciare solo dopo i titoli di coda, una successione di segreti e bugie, maschere pirandelliane e tradimenti incrociati, che attraverso il softcore e il film d'azione sfuma, con un sorriso sornione, nella commedia. Il classico triangolo si muta in un quadrilatero intessuto di pulsioni bisessuali maliziosamente accennate (l'edizione italiana è ovviamente sforbiciata, ma neppure nell'originale ci sono scene realmente spinte), esaltate dalle atmosfere fosche, notturne che dominano la seconda parte della pellicola. Eccessivo il ricorso alla strategia del "fuori campo", alla lunga poco efficace: ogni volta che non si vede quello che succede, si suppone che sia accaduto il contrario di quello che ci si sarebbe aspettato, e non di rado si indovinano così gli sviluppi dell'improbabile vicenda. La sceneggiatura trascura deliberatamente credibilità e spessore psicologico, limitandosi a fornire occasioni di azione, non moventi, e qualche battutina degna di uno show per adolescenti. Gli attori tentano di adeguarsi all'incessante alternarsi di ritmi e stili: Matt Dillon, faccia da bravo ragazzo (giusto quella…), è perfettamente in parte, Kevin Bacon, piatto come al solito, si salva sfoggiando un'ombra di autoironia; la Richards è una Lolita un po' troppo smorfiosa, surclassata dalla Campbell, "tosta" e torbida con spirito. Simpatica l'apparizione di Bill Murray, folgorante il ritorno di Theresa Russell.

Voli d'uccello sulle paludi della Florida infestate d'alligatori: il mondo è popolato da persone che non sono quello che sembrano. È il sud, ideale torrido scenario per trame sexy-noir perverse e melodrammatiche alla Tennessee Williams o Douglas Sirk (la potente famiglia e l’odio fra madre e figlia), per re-inscenare il dramma (giudiziario) dell'innocente contro tutti alla Alfred Hitchcock o Fritz Lang, passando per le provocanti suggestioni erotiche di Lolita o Baby Doll. Parte così il nuovo film di John McNaughton (Henry - Pioggia di Sangue), autore sempre scisso fra uno sguardo personale e sceneggiature convenzionali. Il dramma inizia interessando poco, fatta salva la visione paradisiaca/infernale della maliziosa, languida Denise Richards (quando lava la jeep, esce dalla piscina o lancia sguardi eloquenti di seduzione). Ma la poetica di McNaughton fa presto capolino, con quel suo passo poco interessato al mero spettacolo che coglie puntualmente lo spirito di genti e luoghi, inietta nel momento più inaspettato il dubbio, cambia ambiguamente le carte in tavola, elimina dall'orizzonte gli eroi e le giuste cause: il criminale non è così condannabile, il poliziotto non è simpatico. È insolita anche la forte vena misogina (ogni donna che entra in campo provoca, compete, si vendica) e non manca l'ironia grazie al personaggio veramente irresistibile di Bill Murray (con McNaughton anche in Lo Sbirro, il Boss e la Bionda). Il primo tempo si chiude in positivo, la seconda parte delude con forza pari: una sequela di colpi di scena gratuiti e involontariamente grotteschi, figli di una sceneggiatura scadente e ammiccante (Stephen Peters) che il regista non controlla più. Si perde per strada tutto il patrimonio di stimoli e allusioni insolite fin lì accumulato per una riflessione non banale sulla natura umana. Nel calderone assistiamo anche a ménage-a-trois, rapporti lesbici e a un nudo integrale di Kevin Bacon (produttore esecutivo). Originali gli spezzoni con "delucidazioni" sulla trama a scatole cinesi che seguono la scritta "The End".