Drammatico

PRINCE AVALANCHE

Titolo OriginalePrince Avalanche
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Genere
  • 66434
Durata94'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio

TRAMA

Texas, 1987. Dopo il grande incendio che ha distrutto i boschi Alvin e Lance devono ridipingere il manto stradale.

RECENSIONI


Il remake di Á annan veg è esattamente ciò che sembra: la stessa storia con altri interpreti, la reimpaginazione del testo islandese per un nuovo (più vasto) pubblico. In Prince Avalanche si replicano le caratteristiche della fonte, spesso in modo filologico con molti passaggi in copia carbone: il divario generazionale/mentale/caratteriale tra i protagonisti, il primo lasciato dalla ragazza che è sorella del secondo, lo scontro, la sbronza e l’avvicinamento dei due, sino all’alleanza difensiva “contro la vita” che li porta ad agire insieme e quindi alla crasi del titolo (Alvin + Lance = Avalanche). La versione americana, da un ex outsider dell’indie, riproduce anche gli oggetti di contorno (il camionista misterioso) e il sottotesto gay che resta implicito, ma opera una deviazione significativa: il mutamento delle coordinate spazio-temporali. Come l’originale sfruttava lo sfondo nordico, qui le figure sono iscritte nel paesaggio post-apocalittico devastato dagli incendi: così il racconto si arricchisce di una sfumatura inedita, quella della “ricostruzione” a un doppio livello, sia della natura violata, sia delle loro vite pericolanti. Per il resto viene clonato il buddy movie umanista sullo schema dei personaggi opposti e speculari che, dalla contesa al contatto, compiono un percorso prevedibile. Le tappe del road trip intimo sono ricalcate, con un solo innesto consentito dal nuovo contesto, la donna che si aggira simbolicamente nella casa bruciata.
L’altra differenza di rilievo è negli interpreti che sostituiscono gli attori scandinavi: Rudd e Hirsch incarnano una comicità fisica e psicologica sopra le righe, laddove era giocata principalmente in sottrazione, offrendo una recitazione esplicita ed esclamativa alla ricerca trasparente della risata. Da parte sua, Gordon Green asseconda l’esile soggetto e continua nel cinema “leggero” di questi anni, lontano dagli esordi: la commedia malinconica, di fatto, è più vicina a Strafumati che a George Washington, la comicità spesso automatica, l’affidarsi agli attori quasi sfacciato. Dalla sceneggiatura di Sigurdsson permane una punta agrodolce di fondo. Generoso premio alla regia alla Berlinale 2013.