Drammatico

POLYTECHNIQUE

TRAMA

Il massacro dell’École Polytechnique di Montreal (6 dicembre 1989) osservato dal punto di vista di tre personaggi: l’assassino antifemminista, la studentessa Valérie ferita durante la strage e Jean-François, studente che invece di fuggire dall’istituto soccorre le sopravvissute.

RECENSIONI

Bianco e nero glaciale, movimenti di steadicam non completamente aderenti agli spostamenti dei personaggi, costruzione narrativa a punto di vista variabile: Polytechnique è un affresco cubista che raffigura con rispettoso distacco il massacro consumatosi il 6 dicembre 1989 nell'omonima scuola di Montréal: una strage in cui un giovane armato di fucile e fermamente determinato "a mandare al Creatore le femministe che mi hanno sempre rovinato la vita" ha sterminato quattordici donne.

Aperto da un incipit esplosivo e sostanzialmente diviso in tre parti (il prima, il durante e il dopo della carneficina), il film del cineasta canadese Denis Villeneuve (classe 1967) non si crogiola nella retorica lacrimogena o nell'ipercinetismo visivo, ma predilige le atmosfere sospese e l'osservazione fenomenologica, evitando accuratamente di indagare i perché del massacro e concentrandosi invece sul come. Una scelta che elimina radicalmente la questione delle cause, mettendoci di fronte a un soggetto misogino pienamente formato e altrettanto pienamente consapevole delle proprie decisioni (come testimonia la lettera scritta poco prima di scatenare l'inferno).

Spesso la camera si blocca senza seguire le traiettorie dei personaggi ripresi, lasciandoli allontanare di spalle. Si tratta di un accorgimento totalmente diverso da quello impiegato da Gus Van Sant in Elephant (precedente cinematografico tanto ineludibile quanto fuorviante): se Van sant tallonava gli studenti evocando l'ottica dei videogame First Person Shooter (sparatutto in soggettiva), Villeneuve rinuncia a pedinarli ininterrottamente. In questo gesto si indovina un duplice significato: l'inconsapevole fatalità dei loro percorsi e l'impotenza di uno sguardo che non può far altro che assistere passivamente alla tragedia incombente. Mor(t)alità che si fa cinema.

Persino nei momenti di massima concitazione, il montaggio non perde il controllo della situazione, alternando l'implacabile tiro al bersaglio dell'assassino a inquadrature più movimentate degli studenti in fuga. A smorzare l'effetto shock provvede un sonoro che rimpiazza il frastuono delle detonazioni e delle grida di panico con un commento musicale sibilante e rarefatto. L'École Polytechnique si tramuta nel teatro di un'assurda, meccanica ecatombe: ispirandosi figurativamente a Guernica (la cui riproduzione appesa a una parete dell'istituto è contemplata da Jean-François, lo studente che soccorrerà le vittime), la cinepresa si contorce in rotazioni destabilizzanti, si capovolge in prospettive rovesciate, si innalza verticalmente fino a trasfigurare il luogo della tragedia in astrazione insensata. Una rappresentazione della follia umana di geometrica, inarginabile (s)compostezza.