TRAMA
Teheran 1958. Dopo la rottura dell’amato violino il musicista Nasser Ali decide di morire…
RECENSIONI
Autori di Persepolis, Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud tentano il passo avanti rispetto alla celebrata opera di esordio: stavolta da una parte respingono il contesto realistico e politico, a favore di una storia apertamente fantastica; dall'altra lasciano l'animazione relegandola ad alcuni sfondi disegnati (il viaggio di Nasser con il figlio). In questa struttura, altri piccoli cambiamenti variano o rovesciano il film precedente: tra tutti la rinuncia della scansione narrativa lineare e l'adozione di un intreccio costruito per flashback e flash-forward, che non coincide mai con la fabula. Ancora tratto da una graphic novel della Satrapi, Poulet aux prunes è una favola sulla morte: attraverso un registro surreale e grottesco, seguiamo la riflessione interiore del protagonista, a letto nella sua stanza, in attesa della dipartita. L'odissea intima si svolge su tre livelli (passato - presente - futuro), e partendo dall'ipotesi alternativa di un'altra vita possibile (altra donna, altre nozze), arriva a proiettare il futuro dei suo figli in forma di farsa tragicomica. Nella continua altalena mentale di Nasser, inoltre, si affacciano situazioni e figure della tradizione islamica, dall'opportunità del matrimonio di convenienza fino all'icona dell'angelo della morte Azrael (la parte migliore del film). Insomma, i fumettisti/registi slittano dal contesto al testo; non più la storia di Marjie che coincide con la Storia iraniana, e i fatti degli anni '80/90 come valore aggiunto, ma tutto il potere alla scrittura della storia di Nasser Ali, senza riferimenti 'altri'. A segnare il fallimento di Poulet aux prunes infatti è proprio il testo che non funziona. La sceneggiatura degli stessi Satrapi e Paronnaud, forse segnata dal libro a fumetti di riferimento, imbocca varie strade ma non trova mai spunti rilevanti: dalla revisione della vita in punto di morte all'amore sognato e irrealizzato, le curve della trama si affidano spesso all'episodio e alla boutade (il futuro di Lili, malgrado Chiara Mastroianni); tutto è sostanzialmente già visto, anche le derive già percorse. Non aiuta il tono del film, un 'realismo magico' insistito e ameliano che però, alla fine dei conti, si risolve in sequenze evidentemente zoppicanti e di corto respiro (il volo della palla di fumo).
La doppia rinuncia degli autori (all'animazione e all'identità fabula/intreccio) si rivela arma a doppio taglio; l'assenza del disegno bidimensionale, che faceva la particolarità di Persepolis, costringe l'attenzione sulla storia e sulle interpretazioni. E lo sfasamento dei piani temporali non è aprioristicamente superiore al racconto lineare. Cancellate minuziosamente le singolarità dei registi, allora Poulet aux prunes potrebbe svolgersi in qualunque tempo, qualunque luogo: l'Iran, il musicista e la morte non c'entrano più, sono accessori automatici distribuiti su sfondo indefinito. Mathieu Amalric e Maria de Medeiros restano attori sublimi, ma non qui.
