Drammatico, Recensione

PERSONA

Titolo OriginalePersona
NazioneSvezia
Anno Produzione1966
Durata86’
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Costumi

TRAMA

Un’attrice, stanca di mentire, entra in un pesante mutismo. Le affiancano un’infermiera che la ammira in modo malato.

RECENSIONI

Thriller della coscienza, percorsi di follia con indagine psicanalitica. Riflessione angosciante sugli ‘Io’ opposti, che portano le azioni a non essere conformi alle idee ovvero (anche) ad infangare la moralità (presunta). Fuga vana dalla realtà pirandelliana, attraverso il silenzio e l’empatia (paradossalmente, ad opera di un’attrice: ‘dramatis persona’ indica il personaggio rappresentato), per essere e non sembrare di essere. Incomunicabilità nella messa a nudo dell’anima che viene ricambiata dall’egoismo. In un’opera audacemente sperimentale (anche nel commento sonoro), con odori di Antonioni (la solitudine della donna; l’incomunicabilità ed i silenzi; i paesaggi dell’anima fra una spiaggia deserta ed un ospedale, luogo dove è giunta l’ispirazione a Bergman durante un ricovero), Godard (interruzioni improvvise alla diegesi, geometrie astratte nel posizionare i volti durante i dialoghi, voce fuori campo da commentatore) e surrealismo (il film è aperto e chiuso da lampi onirici in cui scorre e si brucia la pellicola, perché il Cinema è arte del doppio per eccellenza), all’insegna di una sempre maggiore rarefazione stilistica che giunga bressonianamente (ma con trucchi espressionisti) alla complessità, Bergman pone a confronto due figure femminili apparentemente opposte, in una lotta fra bene (ottimismo) e male (pessimismo) che vedrà il primo soccombere e scomparire, allo specchio, nell’altro, per due ‘Io’ che diventano uno solo. Quale miglior modo di annullarsi che essere sostituiti (vedere l’inquadratura finale sul terreno)? Ma dove alberga lo squilibrio? Chi, delle due, è il-cristo-in-croce, l’agnello sacrificale? Chi succhia il sangue a chi? Un regista capace di radiografie dell’anima fra parole, simbolismi, volti e crucci morali dreyeriani: sono bandite le interpretazioni univoche agli stimoli. Mentre il piccolo schermo rimanda doppi degli orrori della guerra, l’urlo della coscienza grida che è tutto infamia, corruzione (anche della carne: la versione italiana censura peni e racconti espliciti), inganno e menzogna: la solitudine pervade anche un rapporto che non è mai stato a due o dialettico. Lo dimostra il “dialogo” reiterato da due punti di vista: la moltiplicazione (senza campo/controcampo che porrebbe in relazione) isola.