Drammatico, Recensione

PARADISE ROAD

NazioneAustralia
Anno Produzione1996
Durata122’

TRAMA

Nel 1942 i giapponesi conquistano Singapore. Donne e bambini anglosassoni, ospiti di una nave militare che viene attaccata, vengono rinchiusi in un campo di concentramento a Sumatra: fra loro, l’americana Adrienne Pargiter vuole creare un’orchestra vocale.

RECENSIONI

...E la Vita Continua (di Jean Negulesco, tema simile senza vocalizzi), basato sulle memorie delle sopravvissute e sceneggiato dallo stesso Bruce Beresford, per l’occasione tornato a girare in una co-produzione con la natia Australia. Il film rientra nella folta schiera di un sottogenere blindato, con binari obbligati (latitudine: tragedia della prigionia, di qualunque tipo; longitudine: atto simbolico dei prigionieri per resistere) e la cui efficacia si misura con la commozione: da tempo non più iconoclasta come agli esordi (per modi e contenuti, più che figurativamente), al Beresford che sa plasmare il pathos si rompe il meccanismo. È certamente arduo l’approccio corale, saper dare un volto ed un ‘sentire’ ad ogni personaggio (spesso risolto in macchietta: vedi il cattivo Snake, ma la scena in cui porta Adrienne Pargiter nella giungla per un’audizione è la migliore del film), più probabilmente il regista non è stato in grado di scrivere battute pregnanti. Va anche tenuto conto che la credibilità del dramma è inficiata da scene crude o violente incastonate in un mare magnum di moti muliebri “gentili”, ovvero di convenzioni varie nel descrivere i sentimenti del femminino: si crea uno iato fra richiamo alla realtà con le angherie subite e messinscena “light” dei personaggi. Il film può incuriosire, piacere per alcune scene “intense”, per la dinamica con cui l’animo dei “cattivi” si piega davanti al canto, ma è palese che qualcosa si è inceppato se, quando arriva alla propria ragion d’essere (l’esibizione dell’orchestra vocale), non sollecita come vorrebbe.