TRAMA
La sorella ricorda a Tim, uscito da una clinica per disturbi mentali, la promessa fatta di distruggere lo specchio che crede abitato da una presenza soprannaturale, causa della morte dei genitori. Per Tim, invece, non lo specchio ma il padre era un assassino.
RECENSIONI
Il quinto lungometraggio del regista horror indipendente Mike Flanagan, girato nel 2012 e distribuito due anni dopo grazie alla Blumhouse, dimostra che si è fatto un nome: 5 milioni a disposizione contro i 70.000 dollari del precedente Absentia, girando sempre in digitale, con la fotografia di Michael Fimognari che, se funziona nelle apparizioni orrifiche, è oltremodo piatta in tutto il resto. Lo spunto è un suo cortometraggio omonimo del 2006 e la realizzazione guarda in copia/omaggio a Shining, tanto che l’ingaggio di un imbarazzante Rory Cochrane nel ruolo del padre può essere giustificato solo dalla sua vaga somiglianza con il “tipo” alla Jack Nicholson, dato che recita con indicibili espressioni da cane bastonato e pacioccone. Il talento tecnico/iconografico vale meno di un efficace montaggio (sempre di Flanagan) ma fa capolino un’interessante variante narrativa: di solito, in film con vivi-normali portati alla follia e oggetti infestati che sono una variante sulle case, il focus è sul mistero di un evento traumatico passato e, una volta scoperto l’arcano, scema l’interesse e la regia s’abbandona alla mattanza d’ordinanza. Flanagan, invece, da subito intercala schegge temporali per rivelazioni progressive, poi fa convergere gli avvenimenti fra passato e presente: attraverso le loro memorie, annebbia gli sguardi dei protagonisti e rende impossibile distinguere cosa sia un ricordo e cosa sia ‘realmente’ in campo. L’occhio (oculus) mente quando guarda nello specchio che riflette una realtà che non esiste e la soggettiva dei protagonisti che guardano allo specchio confonde ancor di più la percezione. In questa realtà ingannevole, la parte finale diventa quasi surreale, senza spazio e tempo (i fantasmi morti nel presente e vivi nel passato), e si resta in attesa di un gioco mentale degno di Kubrick, ma Flanagan, purtroppo, si ferma alla brochure.